Quando dal 30 marzo 2018 al 27 dicembre dell’anno successivo per ogni venerdì un numero crescente di manifestanti si avvicinava ai confini orientali della Striscia di Gaza, sventolando bandiere, gridando slogan e chiedendo il permesso di tornare nelle terre d’origine fra Israele e la Cisgiordania, l’esercito di Tel Aviv li teneva a distanza sparandogli addosso. Lacrimogeni, proiettili di gomma e poi di piombo. “La Grande Marcia per il ritorno” come gli organizzatori, tutti attivisti non affiliati a gruppi politici, definivano la protesta prevista per un mese iniziò a patire i primi morti e feriti. Decisero comunque di proseguire, pacificamente come avevano iniziato, ma le vittime aumentavano. Si mossero anche gli organismi politici: Hamas, Fdlp, Fplp, Jihad islamica scegliendo di non usare armi ma fionde e bottiglie incendiarie. Quando il 14 maggio 2018 un soldato dell’Idf rimase leggermente ferito, furono freddati sessanta manifestanti. Il 13 giugno 2018 l’ennesima risoluzione dell’Assemblea delle Nazioni Unite condannava l’uso della forza letale da parte israeliana, ma come decenni di risoluzioni non servì a nulla. Dopo un anno, otto mesi, tre settimane e sei giorni le vittime, tutte palestinesi, erano arrivate a 223 (46 sotto i 18 anni), i feriti superavano ampiamente i diecimila. Molti furono gli amputati, tanti rimasero ciechi e orbi perché i cecchini, con le automatiche di precisione, miravano agli occhi. Certo, ci furono anche episodi d’uso delle armi da parte palestinese, evidenziato quello d’un manipolo con kalashnikov e granate immediatamente freddato dai militari di Tel Aviv, di fatto i venerdì di protesta si tramutavano in un tiro a bersaglio a senso unico: cadevano i palestinesi. Ora se un Centro sociale milanese, rivendica il diritto di manifestare sabato prossimo a Roma sostenendo nel suo comunicato di voler ricordare “il 7 ottobre come data in cui il popolo palestinese ha messo in gioco la propria esistenza per non morire giorno dopo giorno nell’assoluta indifferenza…”, non va lontano dalla verità. Si può precisare che una parte delle organizzazioni della Striscia (Hamas e Jihad islamica) hanno deciso l’assalto del 7 ottobre; gli si può contestare l’obiettivo: civili inermi e pacifici anziché militari e coloni armati, non la realtà di morte quotidiana nell’indifferenza del mondo, politico e civile. E’ quanto sta accedendo dall’8 ottobre scorso e per chi non dimentica la storia della tragedia di questo popolo, è quanto accade dal 14 maggio 1948.
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