E’ nell’India che resta quasi immune alla spinta confessionale hindu pur essendo induista, che non crede nel premier guru, che consolida gli ottant’anni d’indipendenza senza rifugiarsi nel Bharat, è lì che Modi vuole insinuare il proprio peso per stravincere. Perché secondo i pronostici la vittoria dovrebbe avercela in tasca, ma il sassolino nella scarpa duole al sud. Negli Stati federati del Tamil Nadu, Karnataka, Andhra Pradesh, Kerala, Telangana, più i territori dell'unione di Puducherry e Lakshadweep, questi sono i luoghi per lui poco amichevoli. E’ quel meridione terra felice, con un terzo del Pil nazionale e un quinto della popolazione del Paese-continente, a restargli ancora estraneo. Per questo le recenti cronache hanno registrato ben sei-sette viaggi del premier solo nel Tamil Nadu. Lì ha incontrato persone e presenziato a spettacoli di strada. Ha parlato con la gente, ha stretto mani e corpi, s’è fatto vedere nei luoghi dove il Bharatiya Janata Party ha raggranellato solo 30 dei 131 seggi disponibili nelle ultime elezioni. E l’ha fatto grazie ad alleanze con minute formazioni locali, risalendo la china davanti alle difficoltà che aveva registrato prima della conquista del potere nazionale. Gli arancioni che spopolano in diversi Stati, specie del nord, nelle aree meridionali non trovano gran seguito. A detta di vari politologi in quei territori il voto delle prossime settimane (le consultazioni partono il 19 aprile per concludersi il 1° giugno e coinvolgono quasi un miliardo di persone) potrebbe confermare la fidelizzazione degli elettori ai governatori in carica che formano un mondo a parte rispetto all’orientamento di maggioranza del Lok Sabha. Sono situazioni diverse fra loro che non hanno peso nel Parlamento di Delhi, nel quale il premier uscente spera di raggiungere quel consenso che fu soltanto del Partito del Congresso dopo l’attentato fallito a Indira Gandhi: 400 seggi sui 543 a disposizione.
Certo, l’ex giornalista Ravindra Ravi, che dal settembre 2021 guida il mediamente popoloso Tamil Nadu (70 milioni di abitanti), appare come un leader legato alla tradizione, ben diverso dal collega Vijay Prashad, governatore del Kerala dove, sempre nel voto di tre anni fa, il Fronte Democratico di Sinistra ha ripreso ad amministrare il territorio in virtù dell’attenzione rivolta a varie emergenze, dalla pandemia da Covid alle inondazioni e ha stabilito un buon rapporto con la popolazione. Le statistiche dicono che in Kerala la mortalità infantile, tuttora una piaga in tanti Stati federati, ha una condizione simile alle migliori nazioni europee. Modi ha il pensiero fisso sul Tamil Nadu. Si racconta che durante le celebrazioni dello scorso gennaio in una zona di Chennai, che ne è la capitale, e dove il Bjp locale ha stabilito il proprio quartier generale si potevano intravedere un’effige in grandezza naturale della divinità Ram e quella della divinità laica, Vladimir Ilic Ulianov, il bolscevico Lenin che compariva davanti alla sede del Partito Comunista dell’India. Mondi e ideologie ben diverse presenti in questa parte della nazione-continente. Dove l’immancabile teoria dell’hindutva, tuttora presente, provava a creare un proprio retroterra indottrinando i fedeli hindu e scagliandoli contro le minoranze religiose. Più di quarant’anni fa alcuni scontri conclusi con morti e feriti vennero innescati dalla diceria che giovani cristiani stavano molestando donne hindu, un malcostume che prescinde razze e fedi. Bisognava capire se l’accusa rispondesse al vero, ma i seguaci dell’hindutva non lo verificarono, picchiarono e accoltellarono. Comunque quelli che son rimasti negli annali della nera come “gli scontri di Mandaikadu” non hanno avuto il seguito riscontrato in altri luoghi del Paese in tempi lontani e recenti. E se la tendenza all’abuso della religione volto a una capitalizzazione politica del voto, soprattutto a vantaggio del partito di maggioranza, nel Tamil e negli Stati del sud c’è la tendenza a separare la scelta politica dalle credenze religiose. Questa è una spina nel fianco di Modi, che non a caso col suo governo diminuisce i seggi a disposizione di questi Stati a vantaggio di altri. Così il Tamil Nadu scende da 39 a 30 seggi parlamentari mentre l’Uttar Pradesh passa da 80 a 90.
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