martedì 29 dicembre 2020

L’Afghanistan pacificato nel fuoco

I dieci giorni di fiamme e fuoco continuo che hanno investito Kabul con attentati, agguati, ventitre vittime e una settantina di feriti seminati in varie zone della capitale - usando Ied piazzati sotto le vetture bindate (come per il vice governatore Mohibi, morto assieme al suo segretario) e autobomba sistemate lungo il percorso di chi si voleva colpire - sono l’incofutabile realtà che nulla sta cambiando sotto il cielo afghano. L’agitata repressione che nell’ultima settimana ha condotto reparti speciali dell’esercito in 4000 abitazioni, di notte e di giorno, arrestando i sospetti su indicazioni dell’Intelligence locale, difficilmente riesce a mettere le mani sui responsabili delle azioni criminali. E’ una repressione di facciata, ritenuta indispensabile dal presidente Ghani e dal vice Saleh, mentre la gente sa e ribadisce che si tratta d’una messa in scena, incapace di perseguire i reali attentatori, i quali, da tempo, s’annidano anche fra le file di militari e polizia. Di fatto la stessa capitale, teoricamente l’ultimo baluardo difeso dai politici afghani filo occidentali, abbandonati al proprio dai colloquianti di Doha, è tornata al centro d’una competizione già vista. Quella fra talebani e Stato Islamico del Khorasan, un conflitto indiretto a suon di bombe e sangue per stabilire supremazia su territori e popolo.
L’amministrazione Trump, che per quasi due anni ha cavalcato la trattativa coi talebani, fra venti giorni dovrà cedere il comando. Ma gli Stati Uniti del presidente entrante appaiono come un attore tutt’altro che pimpante e in buona salute nella partita che dovrà proseguire. Se sarà ancora Khalilzad il maestro di cerimonie d’un tavolo impantanato lo vedremo a breve. Sicuramente non ci sarà più Pompeo, colui nel giorno seguente alla fatidica firma del 29 febbraio coi turbanti, aveva dichiarato ai media americani il “pieno accordo” su vari punti. I taliban intascavano: il riconoscimento politico, un rilascio di prigionieri, scadenze per il ritiro delle truppe Nato. Dovevano offrire in cambio il diniego a qualsiasi accoglienza per Al Qaeda, arnese combattente tuttora presente nel panorama jihadista, su cui gli studenti coranici hanno promesso lontananza e non assistenza, senza peraltro offrire riscontri. Del resto solo satelliti e droni possono verificare se in tante province gestite dai taliban possano esserci basi del nemico qaedista. Invece, ben altra e inquietante presenza s’aggira nelle valli e nei centri urbani dell’Afghanistan. Quella dissidenza talebana sfuggita allo stesso Akhundzada e alla Shura di Quetta, i khorasanisti dell’Isis locale. A questo punto, come constatato in più occasioni, il ‘gioco dell’oca afghano’ riparte dall’irrisolto della guerra strisciante e della violenza.  
 
Convitati di pietra più duraturi delle statue del Budda di Bamiyan, distrutte dai primi rozzi talebani. Che oggi, magari, non commetterebbero più simili errori, per non apparire truci. Infatti affermano di voler pianificare un proprio Emirato aperto all’istruzione per le stesse bambine e ragazze che nel loro primo governo non godevano di tale privilegio. Con quale controllo su scuole e madrase non viene rivelato, ma l’intento che li impegna da mesi è: pensare alla transizione governativa, visto che per la presa del potere non pare praticabile una soluzione militare. Tranne poi non abbandonare la via dell’eliminazione di politici e militari afghani dell’attuale governo. Eppure i diplomatici guidati in Qatar da Barader sono stati espliciti: nessun riconoscimento al sistema corrotto dei fantocci che hanno cogestito il governo con gli occupanti della Nato. Continuare a sparare sulle divise dell’Afghan National Army e su chi le veste non è un reato, anzi diventa il mezzo che accorcia la via per un proprio governo. Joe Biden e Kamala Harris sono avvertiti. Sta ai nuovi inquilini della Casa Bianca riformulare il piano americano nell’area. Avallando quanto iniziato dai predecessori (compreso Obama), sdoganando un governo dei soli turbanti e appoggiandoli, come Washington fece coi mujaheddin antisovietici, nel contrasto ai jihadisti del Khorasan. Oppure …

Nessun commento:

Posta un commento