domenica 17 novembre 2019

L’aumento del carburante incendia l’Iran


Il prezzo del carburante iraniano è fra i più bassi del mondo, ma l’aumento deciso dal governo, guidato dal presidente riformista Rohani, sta infiammando gli animi e le strade. In molte città, compresa la capitale, da venerdì pomeriggio giovani, e non solo, hanno bloccato il traffico, acceso copertoni, gridato slogan contro il potere. Si sono anche scontrati con la polizia e ci sarebbero alcune vittime. Per ora l’agenzia interna Isna cita un morto a Sirjan, nel Kerman (centro-sud del Paese) ed era già noto il decesso d’un poliziotto, colpito durante un attacco a un commissariato. Dai social, che venerdì e sabato mattina avevano diffuso immagini e video degli scontri, non s’apprende di più nulla dopo il blocco imposto dal sistema di sicurezza informatica. Insomma la benzina da qualche giorno costa 15.000 rials, non impressionino gli zeri poiché l’inflazione monetaria è altissima a causa dell’antico embargo sul nucleare, quello in vigore dai tempi della presidenza di Amadinejad che neppure l’accordo fra Rohani e Obama era riuscito a cancellare.

In occasione del secondo mandato presidenziale per il chierico riformista nel 2017, si sperava che la situazione delle transazioni finanziarie internazionali che penalizzano fortemente l’economia iraniana, potesse normalizzarsi, ma la salita alla Casa Bianca del presidente dei dazi e dello scontro muscolare non ha giovato alle speranze di Teheran. Anzi. Ora quel governo per sostenere, a suo dire, la condizione dei ceti più poveri (che sono aumentati per un’economia in fortissima frenata) ha pensato di aumentare il costo d’un genere di consumo diffusissimo per trasporti e vita quotidiana (gli idrocarburi). L’incremento, che farebbe sorridere i consumatori di tante nazioni (sei centesimi di dollaro), diventa esplosivo in Iran. Infatti l’attuale corrispettivo dei 15.000 rials, tredici centesimi di dollaro, comporta pur sempre un aggravio del 50% del prezzo finale. Da qui le proteste generalizzate che s’inseriscono in un contesto di diffuso malcontento e in pregresse contestazioni avvenute proprio nel tardo autunno di due anni or sono.


Sebbene all’epoca sembrarono pilotate dal chierico conservatore Raisi, il concorrente di Rohani alla massima carica politica (Guida Suprema a parte) sconfitto nelle elezioni del maggio. Proprio Ali Kamenei, riunendo ieri chierici e commentando gli avvenimenti di queste ore, ha puntato il dito contro i ‘sabotatori’ esterni ed interni, definendoli banditi. Il discorso, trasmesso dalla tivù di Stato, ha cercato d’imbonire la popolazione spiegando che gli esperti di finanze ed energie prendevano questa decisione che consentirà di raccogliere annualmente 2.5 miliardi di dollari da destinare ai settori popolari maggiormente bisognosi.  Però diversi strati della popolazione, già da tempo critici verso le copiose spese militari imposte dalla geopolitica della nazione impegnata nel confronto-scontro con la monarchia saudita, dovranno fare i conti anche col pesante taglio di approvvigionamenti di carburante passati da 300 a 60 litri mensili. E i tafferugli di strada, che per ora la cittadinanza moderata osserva senza partecipare, assieme a tutto il contorno di un’emergenza economica cronicizzata potrebbero avere un peso per il futuro. 

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