venerdì 20 giugno 2025

Tutto il fascino del Piano Mattei

 


Location affascinante e artistica, villa Pamphili con vista sul Cupolone per il vertice: “The Mattei Plan for Africa and the Global  Gateway: A common effort with the African Continent”.  E’ un rilancio, dopo mesi di silenzio, da parte della premier italiana Meloni verso l’Unione Europea, più precisamente verso i vertici che contano e ne stanziano fondi. Ed ecco apparire, coi sorrisini di circostanza e gli striminziti completini rosa, la presidente della Commissione Von der Layen. Alle ladies fanno contorno delegati dell’Africa Finance Corporation, presidenti della Banca Africana, Gruppo Banca Mondiale e Fondo Monetario Internazionale, quindi  premier e ministri degli Esteri della Repubblica Democratica del Congo e della Tanzania. Insomma dopo il Maghreb il piano scivola verso i grandi Paesi equatoriali. Per fare cosa? Affari propri, mascherati da relazioni internazionali in nazioni mantenute instabili non solo dal colonialismo secolare, portoghese e belga nella prima nazione, tedesco e britannico nella seconda. Ma dal colonialismo di ritorno ben mascherato dopo le “indipendenze” del 1960, che costarono la vita a reali figure della lotta anticoloniale come Lumumba, fatto fuori dal dittatore militare di turno (Mobutu) carezzato e protetto per oltre un trentennio dagli Stati Uniti in funzione anti emancipatrice. Certo, era un altro mondo. Giorgia e Ursula non erano neppure nate, però ora che sono cresciute e si collocano ai vertici di rispettivi posti di potere si danno una mano per rilanciare quel para-colonialismo economico cui gli Stati della vecchia Europa non rinunciano. Basta osservare il cosiddetto Global Gateway, un bel dispositivo di finanziamenti (per fare rete) lanciato verso la ‘madre Africa’. Per risollevarla? Secondo i pronunciamenti sì, ma con servizi particolari e non richiesti rivolti soprattutto contro il competitor cinese. Secondo brutte logiche di mercato tutto legittimo, ovvio. Eppure la presunzione d’abbandonare pratiche neocoloniali e predatorie è tutta teorica. Le medesime cacciate dalla porta rientrano dalla finestra, e comunque i denari italiani messi a disposizione (5,5 miliardi di euro) sono pochini, così il passo furbesco della nostra premier è coinvolgere la rappresentante Ue

 


Se poi s’osserva ciò che è stato finanziato finora, ad esempio una pianificazione per biocarburanti rivolta al Kenya, il progetto è trattato dall’Eni che, dunque, s’avvantaggia dell’appalto secondo vecchie logiche, da cui il Mattei degli accordi fifty-fifty sul petrolio di settant’anni addietro, si discostava ampiamente. In apertura d’incontro a favore di microfoni e telecamere Meloni ha tenuto a sottolineare: Oggi la nostra intenzione è offrire risposte concrete alle priorità espresse sulle infrastrutture strategiche, come il caso del ‘Corridoio di Lobito’, che collegherà l’Occidente all'Oriente del continente africano. Penso a connessioni digitali sicure e moderne come il cavo ‘Blue & Raman di Sparkle’ che si proietterà verso l'Africa; penso alla promozione etica delle opportunità che provengono dall'Intelligenza Artificiale, con il centro per lo sviluppo sostenibile che è stato inaugurato a Roma stamattina. Penso anche al rilancio delle filiere agricole locali, con investimenti sulla trasformazione del caffè e sull'agricoltura sostenibile". Poi le scuse non richieste: “Non sono iniziative calate dall'alto, ma progetti concreti nati dal dialogo e dalla volontà di creare sviluppo duraturo per i nostri partner africani". Sarà così? Su certi dossier Onu i 45 milioni di cittadini tanzaniani mancano per il 60% dell’accesso all’elettricità primaria e per il 40% di acqua potabile, questa gente pensa poco a fonti d’energia rinnovabile, ma se così dovesse essere saranno felici. Basta poter accendere una lampadina e non prendere il tifo da un bicchiere. Solo che il governo italiano, foriero di diversi progetti, non tutti dotati di coperture (perciò Meloni tira la risicata giacchetta di Von der Layen) svaria e mira a sperimentali produzioni energetiche d’idrogeno verde, ma in Tunisia. Del resto sempre Africa è, e poi Saied occorre blandirlo per il contenimento dei migranti. A eseguirle Enel, Eni e Acea sicuramente non a fondo perduto. I ministri dei due Stati centrafricani condotti nell’ennesimo tour di vacanze romane, ovviamente aspettano. Qualche briciola scivolerà verso i loro Paesi, che tuttora vivono fra tristi note di mortalità infantile (118 su 1000 bambini in Tanzania) o fra inquietanti instabilità politiche, è d’un anno fa l’ultimo tentativo di golpe nel popoloso Congo (120 milioni di abitanti), devastato da Signori della guerra e bande di predoni. Il nostro ministero degli Esteri lo sa bene, avendo lasciato sul terreno l’ambasciatore Attanasio. Ma in quel sottosuolo persistono diamanti, rame, uranio e coltan, qualcosa spetterà a chi bazzica quei luoghi.  

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