domenica 24 ottobre 2021

Crimini di guerra in Afghanistan, indagini a senso unico?

Nei mesi scorsi, mentre l’apparato militare e politico afghano diretto da Ashraf Ghani implodeva a vantaggio dei taliban, presso la Corte Penale Internazionale (ICC) che si occupa, fra gli altri, dei crimini di guerra in quel Paese, era in corso un avvicendamento. Fra febbraio e giugno scorsi la giurista gambiana Fatou Bensouda veniva sostituita dal collega Kharim Khan. Quest’ultimo è un giurista britannico di fama, impegnato nella Corte per molti anni con investigazioni sui crimini nella ex Jugoslavia, su quelli dei tragici eccidi ruandesi e ultimamente nei territori del Daesh. Si dirà: in certe sfere un giudice vale l’altro. In linea di massima sì, però per i misfatti afghani accade qualcosa.   Sino al 2016 la giudice Bensouda aveva posto l’accento sull’ampia gamma di delitti commessi da talebani e dal network di Haqqani contro civili, personale di progetti umanitari, avversari politici e militari. Sulle prigionìe da loro inflitte ai nemici, sulla deprivazione di libertà e la persecuzione verso gruppi civili ben identificati: donne ed etnìa hazara. La magistrata svolgeva indagini anche sulla Cia e sulle unità speciali Nato, autrici di rapimenti cruenti con uso di tortura e stupro, oltraggio alla dignità personale, realizzati per una lunga fase: dal maggio 2003 al dicembre 2014. In pratica l’intero percorso della missione Enduring Freedom. Se un buon numero di quelle operazioni compiute da militari americani risalgono al biennio 2003-2004, negli anni seguenti è cresciuto il coinvolgimento in tali pratiche di reparti del National Directorate Security, e con esso di Forze Armate, Polizia, Polizia di Frontiera del governo di Kabul, tutti formati e addestrati dalla Nato.

Gli accertamenti condotti da Bensouda terminano nel 2017, periodo in cui cresceva l’escalation sanguinaria dell’Isis-Korasan diretta a seggi elettorali, scuole, moschee, e concentrati nelle provincie di Kabul e Nangarhar.  La linea che Khan vuole seguire riguarda proprio questi massacri praticati da talebani e dell’Isis-K, che a suo dire sono più gravi di ogni altro, proprio perché rivolti a donne, ragazze, bambini anche con esecuzioni extragiudiziarie. Secondo gli analisti dell’Afghanistan Network tali considerazioni possono avere un peso nel nuovo corso dell’ICC. Negli anni passati il governo afghano era intervenuto presso la Corte Internazionale chiedendo di poter svolgere proprie indagini. Si era trattato solo di un pronunciamento. All’ICC sapevano che la presunta volontà di Ghani d’avviare ricerche sui crimini di guerra talebani risultava mendace. La casta dirigente, corrotta e collusa con altri criminali – i warlords – prendeva tempo, cercando di celare anche sue responsabilità delittuose, svolte dai propri apparati d’Intelligence in obbediente relazione con la Cia. Dal 15 agosto scorso le leve del potere a Kabul sono in mano agli studenti coranici – una delle componenti indagate – che ovviamente non attivano né attiveranno alcuna indagine. Pensare che i taliban tornati al potere permetteranno azioni penali contro i reati da essi stessi commessi è utopistico. Si sa che costoro, finora, hanno attuato processi poco più che sommari contro miliziani dell’Isis e membri dell’esercito di Ghani. 

 

Egualmente è difficile pensare a processi domestici negli Usa per membri dell’esercito americano. Già si è visto come l’amministrazione Obama, pur vietando l’uso delle torture che il predecessore Bush aveva acconsentito durante le detenzioni illegali, non ha improntato alcun procedimento verso quegli illeciti, definiti addirittura ‘patriottici’. Nella cronaca nera di simili gestioni, uno dei casi venuti a galla riguardava Gul Rahman, lasciato morire congelato nel novembre 2002 in un luogo di detenzione (Salt Pit) creato dalla Cia a nord di Kabul. Al suo insediamento Khan si domandava se può esistere una scala di valore che indica i crimini del fondamentalismo islamico peggiori di quelli americani. Certo è che la precedente gestione, impegnata a scavare sulla guerra sporca del Pentagono ha subìto dall’amministrazione Trump forti pressioni per azzerare quell’orientamento. Ora c’è chi teme possibili attacchi jihadisti ai membri della Corte Internazionale e a chi collabora con essa, testimoni in primo luogo. Documenti raccolti dall’Unama evidenziano azioni illegali di polizia ed esercito afghani durante l’amministrazione Ghani. E si può risalire anche a un decennio addietro, alla seconda presidenza Karzai. Nei Palazzi lasciati in tutta fretta dai filo occidentali, l’attuale esecutivo talebano può avere accesso a rapporti riservati da cui ricavare informazioni in merito. Chissà se i vertici coranici daranno seguito alle scoperte o le useranno come materia di scambio per lenire proprie colpe.

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