Emmanuel Chidi Namdi il fondamentalismo e la
morte li ha trovati sulle dolci colline marchigiane. Terra bella, gente
laboriosa, l’artigianato diventato industria, provincia sì, ma solidale. Almeno
un tempo. Che i tempi cambiando prendano altre facce e altre strade l’ha
scritto col sangue un fermano doc, così almeno si ritiene Amedeo Mancini,
allevatore di tori, picchiatore di curve calcistiche di tendenze fascistoidi e
ora omicida. Perché di omicidio deve rispondere quest’uomo che le cronache
locali e i fatti segnalano come un razzista avvezzo a offendere gli immigrati
africani. “Li chiamava scimmie forse
perché si sentiva di razza ariana” ha affermato don Vinicio, un prete che
nella Comunità di Capodarco aveva accolto Emmanuel e la compagna Chimiary,
diventata sua moglie. Proprio la donna era stata l’oggetto degli insulti di
Mancini che l’aveva apostrofata “scimmia”, da lì il diverbio col marito accorso
a chiedere spiegazioni e la conseguente rissa fra Amedeo e un amico
contrapposti a Emmanuel. Il duo italiano ha avuto la meglio e ha finito il
malcapitato a colpi di paletto, recuperato in un cantiere stradale, e calci
alla nuca. Potrebbe apparire l’ennesima storia d’ordinaria follìa, ma non lo è. In primo luogo perché quando la follìa si ripete
e diventa ordinario comportamento rappresenta una malattia, radicata come un
cancro che corrode l’organismo sociale. Poi perché la nostra società civile e
politica, anno dopo anno si sta infettando del male oscuro del razzismo, di
quella xenofobia cieca che, ahinoi, dilaga nel corpaccione svilito dell’Occidente.
Che nella sua, non copiosa, parte pensante cerca alibi oppure prova a
interrogarsi sul fenomeno. La prima sfera è sempre più diffusa, mena
immediatamente le mani fino alle conseguenze irreparabili, come dimostra questa
tragedia; quindi minimalizza i fatti, rimuove, afferma che la colpa è della
vittima. La parte pensante, che pur s’interroga, non attacca mai completamente le
vergogne della mentalità di sopraffazione. E questa si ripete e ormai si riproduce
in troppi luoghi. Da oltre un ventennio ha trovato un’enclave speciale in tanti
gruppi della tifoseria calcistica, tollerati dal sistema sportivo e dai governi
nazionali nonostante leggi spesso inapplicate e misure evase. E un dramma
altrettanto opprimente e pericoloso sono le enclavi più illustri, tivù e
Parlamento, dove i rivalutatori del fascismo (ah, gli intellettuali del
revisionismo storico) e certi onorevoli della Repubblica diffondono nostalgie
di regime e odio razziale. Fra il signor Mancini e l’ex presidente del
Senato Calderoli la differenza sono le botte assassine, che non è roba da poco.
Però l’idea della “scimmia africana” rivolta rispettivamente alla moglie di
Emmanuel e alla ministra Kyenge è la medesima. E non crediamo di esagerare.
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