Prende sempre più corpo
l’ipotesi dello slittamento d’un semestre del ritiro delle truppe statunitensi
dall’Afghanistan. Ne ha parlato informalmente il presidente americano Biden, ne
hanno discusso, per ora sempre informalmente, il supervisore ai colloqui di Doha,
Khalilzad e il mullah Baradar. Visto il duraturo stallo la sede degli incontri trasloca
in Turchia, com’era stato annunciato tre settimane or sono dal Segretario di
Stato Usa Blinken, intento a coinvolgere Erdoğan e spostarlo dall’altro tavolo
di trattive per il futuro afghano, quello allestito a Mosca. Sede d’incontri
cui partecipano anche osservatori cinesi e indiani, oltre a quelli di Teheran e
Islamabad. Mullah Baradar non ha gradito l’ipotesi di posticipare il ritiro
militare della Nato, ma da uomo di mondo ha offerto al grande mediatore la
contropartita: la liberazione di altri miliziani islamici che salirebbero a
7.000 unità e la cancellazione di numerosi nomi di suoi compagni di lotta dalla
lista nera del terrorismo internazionale. Tutto ha un prezzo e le trattative
che, dallo scorso settembre s’erano spostate sull’accidentato terreno di quali
forma e contenuto dare al futuro governo del travagliato Paese, tornano al
mercato dei rimandi e delle richieste di ristoro. E se finora s’è sempre discusso dei diecimila,
o giù di lì, marines da riportare a casa, nulla si dice della presenza dei
contractors, che fino a un anno fa risultavano il doppio dei militari Nato,
usati in genere per i pattugliamenti pericolosi. Le agenzie statunitensi che li
offrono a noleggio, dovrebbero ritirarsi anch’esse dal mercato. Mai discussa,
invece, la questione dell’unico tesoro strategico che Washington s’è creato in
vent’anni d’occupazione: le nove basi aeree dislocate da ovest (Herat) a est
(Jalalabad), da nord (Mazar-e Sharif) a sud (Kandahar) da cui partono attacchi
con caccia e velivoli senza pilota, e anche dei droni d’osservazione su
territori d’ampio interesse per il Pentagono. Il nemico d’un quarantennio
(Iran), l’avversario commercial-politico (Cina), l’alleato pericoloso
(Pakistan), l’interlocutore acquisito (India) sono tutti controllabili tramite la
tecnologia aerea che decolla da quelle basi. Trasferire in Turchia i colloqui
può risultare solo un diversivo se le due componenti che hanno già da tredici
mesi firmato ciò che non intendono realizzare, non sono disposte a compiere il
primo passo. Le agenzie d’informazione forniscono dispacci quotidiani sugli
attacchi mortali di vario genere. Durante questa settimana gli Ied hanno
colpito mortalmente il capo del Consiglio degli Ulema della provincia di
Takhar, e a Balkh due civili, sono rimasti feriti tre soldati dell’Afghan National Forces e molti passanti.
Un’imboscata nel Logar ha eliminato un colonnello dell’esercito di Kabul, nel
distretto di Kapisa è stato freddato un membro dell’Intelligence governativa. Nel
mirino dei killer (talebani o dell’Isis del Khorasan) anche diverse attiviste.
La Commissione indipendente dei diritti umani lamenta l’uccisione di 14 donne e
il ferimento di oltre una ventina.
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