L’impegno reiterato e crudele della Corte Suprema
Egiziana e del suo dominus, il Procuratore Generale Hamada Sawy fortemente
voluto e sostenuto dal presidente golpista Sisi, ha emanato l’ennesima sentenza
di carcerazione. La firma il giudice Mohammed Kassab e riguarda Sanaa Seif,
sorella del noto attivista e pluridetenuto Alaa Abdel Fattah. Le affibbiano
diciotto mesi per aver “diffuso false
notizie sul Coronavirus nelle carceri, così da seminare panico fra la
cittadinanza, compresa quella carceraria (sic) e aver insultato un ufficiale”. La realtà ha visto, il 23 giugno
2020, Sanaa prelevata con la forza da un nucleo di agenti in borghese mentre si
recava presso la Procura della Repubblica per depositare una denuncia. L’atto
riguardava un’azione violenta subìta da lei stessa e dalla madre davanti alla prigione
speciale di Tora. Entrambe avevano attuato un sit-in di protesta perché non
veniva concessa loro un’autorizzazione per visitare il congiunto. Un gruppo di
donne, probabilmente pagate dall’amministrazione penitenziaria, s’avvicinò alle
due e prese a insultarle e percuoterle. Quindi intervennero le Forze
dell’Ordine. Sanaa è stata praticamente
rapita, portata via su un minibus non identificabile anche perché privo di
targa, e comunque un mezzo non ufficiale. Finì nella sede della Security
Prosecution, su di lei l’Agenzia di Sicurezza Nazionale ha predisposto un
dossier.
L’accusa ha ordinato due mesi di detenzione pre-processuale in
attesa del procedimento che è scattato lo scorso 12 settembre. I reati addebitati
sono quelli sopra citati. Durante gli interrogatori della polizia e il
dibattimento dei magistrati, mentre si susseguivano domande sulla vita privata
della giovane donna, era tralasciata la verbalizzazione delle visibili percosse
ricevute dalle assaltatrici davanti al carcere, e nel prelevamento forzoso che
le è stato inflitto. Ai legali della Seif è stato impedito l’accesso ai verbali
delle indagini e ai mandati d’arresto. La detenzione di Sanaa è stata rinnovata
con un’inusuale procedura burocratica senza che ci fosse alcuna discussione
nelle quattro sessioni dello scorso luglio e agosto. L’alibi addotto
dall’accusa: l’impossibilità a partecipare in via precauzionale per la pandemia
da Covid. Il quadro di quest’ennesima storia d’oppressione propone un’ulteriore
provocazione ai danni degli indomiti familiari dell’attivista Abdel Fattah. Sanaa,
che ha finora trascorso nove mesi di reclusione, dovrà scontarne altri otto. In
suo appoggio sono intervenute alcune associazioni egiziane che, fra mille
difficoltà, proseguono il sostegno alle decine di migliaia di detenuti interni:
Centro Nadim, Rete Araba sui diritti
umani, Istituto del Cairo per i diritti umani, Comitato per la Giustizia,
Centro di Diritti e Libertà Belady, Fronte egiziano per i diritti umani,
Iniziativa per la libertà, Associazione per la libertà di pensiero.
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