A detta della ministra turca della Famiglia, del
Lavoro e delle Politiche Sociali Zehra Zümrüt garanzie e diritti delle donne
sono previsti dalla Costituzione “e il
nostro sistema giudiziario è dinamico e forte abbastanza per migliorare le
nuove regole di cui la nazione ha bisogno”. Così fra gli orientamenti
espressi dal governo di Ankara c’è una retromarcia nei confronti del Trattato
di Istanbul, voluto dal Consiglio d’Europa dieci anni or sono, che impegnava i
Paesi sottoscrittori a prevenire e combattere la violenza di genere. Proprio la
Turchia a guida Akp, partito cui appartiene Zümrüt ch’è figlia dell’ex ministro
di Cultura e Turismo Atilla Koç, nel 2012 aveva ratificato il documento stilato
nella metropoli sul Bosforo, in conformità con l’epoca delle aperture incarnate
dall’allora premier Erdoğan. Seguì un suo percorso politico sempre più
autoritario che, come l’oltranzismo religioso, ha gradualmente ostacolato ogni
tipo di apertura. Così quella Carta dei diritti è rimasta schiacciata da
costumi conservatori, impossibilitata a difendere il mondo femminile, con
ricadute terribili nella quotidianità che vede la Turchia con un numero
elevatissimo di femminicidi (una Ong locale ha calcolato che nel 2020 ai 300
omicidi ufficiali di donne si dovrebbe aggiungere la cifra di altri 171 decessi
catalogati come suicidi). Ora s’attacca direttamente la convenzione, rea di non
difendere la famiglia, favorire i divorzi, diffondere (chissà come) princìpi
della comunità Lgbt.
L’opposizione ufficiale di parte repubblicana (Chp) ha dichiarato con
la deputata Gokcen, che s’occupa di diritti umani, che in tal modo “le donne diventano cittadini di seconda
classe e rischiano ancor più la vita”. Proprio la pandemia di Covid-19, che
ha imposto ripetuti confinamenti domestici della popolazione, faceva registrare
un’infinità di casi di maltrattamenti e brutalità casalinghe verso mogli,
compagne, figlie, sorelle e anche quando queste non raggiungevano la
sciaguratezza del delitto, il clima risultava pesante. Eppure l’aria
conservatrice che da anni circola nel Paese aveva già smosso l’ipotesi ora
praticata, tanto che, nonostante le restrizioni sanitarie oltreché politiche, in
molte località s’erano registrate manifestazioni e sit-in in sostegno delle
tutele della Convenzione. Un orientamento che nei mesi scorsi ha portato in piazza
contro il proprio governo un altro Paese dove il conservatorismo confessionale
(in questo caso cattolico) ratifica leggi espressamente contrarie a diritti ed emancipazione
femminile: la Polonia. Erdoğan, da parte sua, solo qualche settimana fa s’era
espresso per un miglioramento dei diritti umani in Turchia, ma fra il suo tanto
dire e il fare passano pratiche opposte come quest’uscita dal Trattato e il
progetto di sciogliere i partiti d’opposizione in “odore di terrorismo”. Il
bersaglio è il Partito democratico dei popoli (Hdp) che, dopo l’arresto d’un
congruo numero di deputati regolarmente eletti, e appunto accusati di
terrorismo, rischia la messa fuori legge.
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