Recorded Future, azienda statunitense che monitora i comportamenti di chiunque
usi la rete, ha lanciato pesanti sospetti su un’azione di hackeraggio d’ipotetica
origine cinese che nei mesi scorsi ha provocato frequenti interruzioni
energetiche in grandi metropoli indiane come Mumbai. I blocchi della
distribuzione di corrente elettrica hanno creato non pochi guai a produzione,
commerci, trasporti e a varie attività pubbliche, private e personali. L’iniziativa
rientrerebbe in quella tensione creatasi dalla scorsa estate sul confine himalayano
del Ladak, dove tuttora permane uno stato d’allerta fra i reparti militari dei
due giganti asiatici che si fronteggiano per il controllo dell’impervia regione.
Un rapporto del mese di novembre, sempre dell’azienda del Massachusetts,
parlava esplicitamente di sabotaggio di entità straniere. Queste non erano
menzionate esplicitamente, ma restava il primo sospetto diretto su Pechino. Le
autorità cinesi, cui l’insinuazione non fa certamente piacere, finora non hanno
commentato la notizia che può allargare la spirale d’insinuazioni, in questo
caso fra le due nazioni che si contendono l’egemonia internazionale.
L’inquilino della Casa Bianca è cambiato, però il motto l’America è tornata con cui Biden ha inaugurato l’occhio della sua
amministrazione sul mondo, in sostituzione dell’America First di trumpiana memoria, non è necessariamente foriero
di distensione.
Non risulta che Recorded
Future
abbia un ruolo para governativo, la sua cyber-indagine può rappresentare un
servizio generalizzato, ma potrebbe anche servire agli Stati Uniti per
rilanciare una linea di alleanze, in questo caso pro-indiana, nell’imponente e
delicato scenario asiatico. Per ora il
governo di New Delhi non ha manifestato un grande interesse per la
‘rivelazione’ dell’organismo americano, che identificava in alcuni porti altri
possibili obiettivi dell’attacco. Sebbene l’operatività dello spionaggio
economico attualmente risulterebbe limitata si evidenziano preoccupanti
possibilità di accesso alla rete per sostenere ulteriori iniziative cinesi, già
attive con simili network, quello denominato APT41 è noto agli esperti. Mentre il software PlugX opera da guastatore con intrusioni nel settore della pubblica
amministrazione e della difesa. Non è proprio robetta da poco. Secondo chi
studia il fenomeno solo negli ultimi anni i tecnici cinesi hanno ampliato
conoscenze e capacità per lanciare simili segnali di potere informatico. Finora
era la Russia ad aver investito competenze e risorse applicandole ai cyber contrasti
con Ucraina e Stati Uniti. Ma la lotta è ampia e reciproca e l’aggredito può
diventare aggressore. Sempre Recorded
Future afferma che nel 2020 anche da parte indiana si sono verificati
tentativi d’infiltrazione informatica in siti governativi e militari cinesi. E
la partita prosegue.
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