Da oggi il premier pakistano Shehbaz Sharif lancia “l’operazione militare globale” rivolta ai separatisti del Belucistan. I toni del governo di Islamabad sono perentori, il ministro dell’Interno Mohsin Naqvi ha definito martirio di eroi quello degli ultimi poliziotti uccisi in un ennesimo attentato suicida compiuto nell’area. “I figli coraggiosi della nostra patria hanno sacrificato le loro vite per contrastare i disegni nefasti dei terroristi” ha dichiarato in video, mentre la tivù di Stato dedicava servizi giornalistici per ricordare come Islamabad sarà vicina ai familiari dei caduti con sostegni economici. La retorica in questi giorni è stata ridondante anche perché fra assalti e azioni kamikaze si sono registrati prima ventisei poi dodici morti in un crescendo che destabilizza completamente la sicurezza, non solo nel profondo sud della regione contesa. Il Belucistan è un’amplissima area tribale vissuta per secoli come tale dalle popolazioni autoctone prima di finire inglobata in più recenti confini nazionali. E’ divisa fra Pakistan e Iran, quest’ultimo in alcune fasce orientali aggiunge la denominazione Sistan. Storicamente i beluci sono popolazioni iraniche che parlano una lingua locale e pure pashto e brahui. Sull’onda di rivendicazioni autonomistiche sempre negate sia dagli ayatollah iraniani, sia dai governi pakistani d’ogni tendenza, si sono creati relazioni con le componenti del fondamentalismo talebano della Shura di Quetta. Uno dei gruppi che costituiscono una spina nel fianco di chi comanda a Islamabad sono i Thereek-i Taliban Pakistan autori di sanguinosissimi, sensazionali e reiterati attentati rivolti prevalentemente a reparti dell’esercito, e pure a loro familiari. Il più atroce accadde dieci anni or sono presso la scuola di Peshawar riservata ai figli degli ufficiali, e vide lo sterminio di 132 ragazzi presenti nel college. La motivazione dei TTP fu implacabile: si colpivano ragazzi fra i dieci e diciotto anni come vendetta per la medesima sorte subìta da adolescenti e famiglie del Waziristan del Nord sottoposto alla repressione delle Forze Armate con l’operazione Zarb-e-Azb, che doveva colpire i miliziani islamisti ma produsse centinaia di vittime civili.
In Pakistan il clima è infuocatissimo da tempo. Nel 2023 i dati offerti dal ministero dell’Interno registrano “1.524 morti e 1.463 feriti per azioni terroristiche e antiterroristiche”. Nel Belucistan propriamente detto, opera l’Esercito di liberazione beluco, che chiede autonomia al governo centrale per poter gestire il territorio completamente depredato dall’esterno. Da oltre un quindicennio gli esecutivi di Islamabad hanno dato via libera all’uso della regione da parte di aziende cinesi a supporto del cosiddetto corridoio economico Cina-Pakistan. Terminale il porto di Gwadar, in cui Pechino ha investito miliardi, uno dei terminali del passaggio di merci inserito nella Belt and Road Initiative affacciata sul Mar Arabico. Questo, come in altri investimenti infrastrutturali cinesi, vede una cospicua presenza di forza lavoro straniera e non offre ritorno alla popolazione locale né come ricaduta economica né sotto forma di servizi. Se ne avvantaggia solo il governo centrale che stipula contratti con l’estero non riconoscendo ai beluci neppure un dollaro. Una vera usurpazione secondo i gruppi armati che prendono di mira i progetti e le forze dell’ordine pakistane che li presidiano. Dell’aumento di azioni definite terroristiche - sebbene sui fronti bellici libano-palestinese e ucraino si registrino decine di migliaia di vittime - si è ultimamente occupato anche il Dipartimento di Stato Statunitense. Washington ribadisce l’impegno di sostenere l’alleato pakistano, ma sia la smobilitazione dell’amministrazione Biden, sia la valutazione che accanto alle vittime chi risulta colpito dall’instabilità è l’affarismo cinese, potrebbero produrre un esclusivo effetto di facciata, nulla di più d’una dichiarazioni d’intenti antiterroristica e via. Da parte sua il Corpo delle Guardie Rivoluzionarie iraniane ha annunciato l’avvìo di una propria iniziativa sul territorio di sua competenza contro i separatisti armati. Comunque fra i due confinanti l’Iran risulta finora il meno colpito dai fondamentalisti che supportano le rivendicazioni autonomiste.