Mica solo giovani -
rapper, registi, blogger - il regime del generale-golpista Al Sisi se la prende
anche coi medici, coloro che nel corso dell’epidemia di coronavirus erano stati
definiti dalla stampa di regime “l’armata bianca egiziana”. Ora sono gli stessi
media a puntare il dito sui dottori che hanno sollevato critiche per la
gestione di fondi e strutture negli ospedali, specie quelli della magalopoli
cairota. In un sistema sanitario indebolito dai tagli e dalle restrizioni (su
questo versante Egitto e Italia vivono le medesime contraddizioni) il personale
sanitario ha iniziato a esprimere i propri dubbi, a sollevare lamentele più che
manifeste critiche. Anche temendo effetti repressivi. Eppure quest’ultimi non
si sono fatti attendere. Gli incauti che avevano postato su social media come
Facebook alcune immagini di disservizi nei reparti in cui lavorano sono stati
prelevati dalla Sicurezza Nazionale e rinchiusi in prigione. Per quello che si
sa la situazione infettiva egiziana non è delle peggiori al mondo, i casi
ufficializzati di Covid-19 superano di poco le trentamila unità e il numero dei
deceduti ammonta a mille e cento. Però i medici sono preoccupati da una curva
di crescita dei contagi e chiedono al ministero della Salute sforzi maggiori
per adeguare i reparti d’emergenza. Il personale sanitario impegnato nella cura
agli infettati reclama le carenze nella quantità del materiale di profilassi, e
questo li accomuna almeno ai tre quarti dei loro colleghi nel mondo. Per il
regime del Cairo non è questo il problema, ma la divulgazione e la denuncia del
fatto. Come per ogni altra questione del Paese, non sono ammesse critiche né
punti di vista diversi e finanche le parole per raccontarli. Così fioccano
arresti e accuse nientemeno che di terrorismo. Dopo l’iniziale pugno di ferro
c’è stato un allentamento della tensione, visto che il sindacato del personale
medico ha avviato una protesta contro il ministero del settore con tanto di
denuncia alla magistratura in cui si legge che “… i comportamenti passivi e negligenti dell’apparato ministeriale
possono condurre a una catastrofe sanitaria”, negli ospedali i reparti di
quarantena dove collocare i positivi al Covid-19 (fra cui anche medici e
infermieri) non erano stati predisposti. Quindi l’organo politico ha cercato di
smorzare i toni e addivenire, almeno nelle intenzioni, a comportamenti meno totalizzanti
verso i sanitari. I picchi della pandemia sono attesi per metà giugno e, per
ammissione del ministro della ricerca scientifica, il numero dei contaminati è
sicuramente superiore rispetto alle cifre rilevata dai non numerosi test. L’unico
elemento che appare favorevole sono i sintomi dei colpiti, in genere meno
aggressivi che in altre nazioni, a tal punto che da alcuni ospedali della
capitale giungono notizie di posti letto di terapia intensiva rimasti vuoti. Quel
che non si svuota sono le carceri egiziane, dove gli stessi medici protestatari
sul web restano rinchiusi.
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