L’aggressione, l’umiliazione,
la persecuzione fino a giungere all’arresto col solito tema della sicurezza
nazionale da difendere di fronte a cittadini neppure ribelli, semplicemente
osservanti il principio del libero arbitrio. Così due figlie di Layla Soueif,
Mona e Sanaa, che avevano sostenuto la madre nel sit-in di protesta davanti la
prigione cairota di Tora per ottenere notizie d’un altro membro della famiglia,
l’attivista Alaa Abdel Fattah, hanno subìto un pestaggio. Autrici altre donne,
poliziotte in borghese camuffatesi da picchiatrici di strada. Per chiudere il
cerchio della violenza, la minore delle sorelle, Sanaa, è stata portata via con
tanto di lividi sul corpo. L’accusa: diffondere notizie false. Gli avvocati
della famiglia che si sono rivolti alla polizia per denunciare l’aggressione e
domandare dove fosse la giovane hanno ricevuto l’avviso dell’arresto di Sanaa.
Anche a lei viene applicato il famigerato protocollo della carcerazione per
quindici giorni, rinnovabile per due anni. L’arma infame con cui il regime del
presidente-golpista Sisi tortura lo spirito della popolazione che non ci sta a
piegare la testa. I ‘reprobi’ che poi sono cittadini degni di questo nome,
persone libere e pensanti che nonostante il clima vessatorio e sanguinario non
si lasciano intimorire, vengono soffocati in tal modo. Tramite un sistema che
incentiva una complicità diretta e indiretta fra un’ampia cerchia della
popolazione, una schiera servile in divisa e non, e una sfera ignava, opportunista
col potere o incapace di qualsiasi moto di dignità innanzitutto verso se
stessa. Così i colpiti possono solo unire il proprio orgoglioso martirio alla
richiesta d’aiuto al mondo che si dice civile. Sebbene quest’ultimo si mostri egualmente
infingardo. Oppure come evidenzia l’attuale governo italiano, invischiato nel
solito affarismo di Stato che ingrassa interessi anche privati (col marchio
Eni, Finmeccanica, Leonardo), un mondo che lancia finti proclami che assumono i toni
d’insignificanti lamentazioni contro lo scempio compiuto sul nostro
concittadino Regeni. Ma dall’assassinio di Giulio il regime di Al Sisi,
continua a far morire, dentro e fuori le galere, centinaia di persone per bene
che vorrebbero un altro Egitto. Un Paese che onorasse la sua millenaria civiltà
e uscisse dall’incubo del luogo di omertà e terrore che i militari e un pezzo
di società asservita impongono al resto della nazione. La geopolitica volta la
testa, l’associazionismo internazionale dei diritti è in affanno (quello
egiziano è stato distrutto), chi può salvare le Sanaa, gli Alaa, i Zaki d’Egitto?
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