Un modo per avere tristi conferme, se ce ne fosse ancora bisogno,
del cinico raggiro sulla vicenda Regeni operato dalla politica egiziana, quella
dei feloul e quella attuale nella feroce
versione targata Al Sisi, traspare nell’intervista ad Amr Moussa pubblicata su La Repubblica. Per chi non lo sapesse
Moussa fu ministro degli Esteri di Hosni Mubarak, rimase silente sugli omicidi
e sulle sparizioni di oppositori operate dall’apparato dei mukhabarat negli anni Novanta e successivi. Dopo la caduta del raìs
è stato fra quei ‘liberali’ (l’altro è El Baradei) prima candidati alla
presidenza, poi impegnati a screditare e rovesciare il governo Morsi a favore
del golpe bianco del generale Al Sisi. Cosa risponde il camaleonte, che è anche
stato a lungo segretario della Lega Araba, alla domanda sull’irrisolutezza
attorno all’omicidio del ricercatore? “Tutti
siamo colpiti da questa tragedia… l’unica maniera per arrivare alla giustizia è
continuare a cooperare fra Italia ed Egitto. Le autorità stanno facendo un
lavoro comune (sic)… L’intervistatore Nigro obietta: Le autorità egiziane
condividono la sua richiesta? S’impegneranno per ottenere la verità? “Non c’è ragione per l’Egitto per non
cooperare con l’Italia (per conferma chiedere al pm Prestipino, ndr). L’Egitto sta facendo la sua parte nella
collaborazione del caso”. La faccia di bronzo non viene contesta da Nigro e
la domanda seguente è sulle forniture militari, che peraltro il governo Conte tende
a confermare. Risponde Moussa: “C’è il
rapporto commerciale, ma questa è una vendita particolare… potrebbe
trasformarsi in qualcosa di strategico che andrà verificato e costruito. Il tutto
nel quadro del Mediterraneo: la sua sicurezza deve essere responsabilità di
tutti i Paesi. (Infine voce dal sen fuggita, ndr) L’obiettivo è la cooperazione nel settore economico e dell’energia…”.
Eccole le ragioni di Stato, quella italiana degli stracitati affari
di Eni, Finmeccanica, Leonardo, quella egiziana di tenersi stretti i segreti
sull’apparato repressivo interno della lobby militare e consimili (Intelligence
e polizia) che non viene sfiorato dagli attuali vertici politici (e come
potrebbero? queste strutture rappresentano la propria forza). Mentre sul
terreno delle alleanze europee - ci siamo noi, c’è la Francia - interessate
alla questione libica, in cui l’Egitto dei militari si offre per appoggiare i
piani occidentali. E la precedente linea del Cairo, quella mai morta dei feloul alla Moussa ma si potrebbero
citare tanti affaristi della politica, offre la falsa versione di facciata di uno
Stato amico. Ovviamente amico degli affari e dei capitali, spesso riversati sui
conti privati, come faceva Mubarak a favore dei figlioli, depredando una
nazione dove la povertà incrementa problemi e comportamenti viziati, simili a
quelli studiati da Regeni nel settore degli ambulanti, gente ricattata dalla
polizia e votata alla delazione. Tali realtà ricercava Regeni e simili
informazioni hanno decretato la sua condanna a morte. Però nessun giudice,
nessun politico egiziano, vecchio e nuovo, lo ammetterà. Non l’ambasciatore Quest’Egitto
merita non il ritiro del nostro ambasciatore, merita un boicottaggio che solo
il cuore dei genitori di Giulio, solo gli attivisti pro giustizia, al di qua e
al di là del Mediterraneo, possono chiedere. Ma chi pensa questo e vive sull’altra
sponda del ‘mare nostro’ è imbavagliato e perseguitato. Lo scriviamo da anni: i
Regeni d’Egitto sono vittime da molto prima del 2016. Tale verità i politici
dei due Paesi non l’ammettono. E come Moussa, e forse Conte, ci raccontano
storielle che non porteranno alcuna giustizia.
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