Ferma, nonostante le conseguenti difficoltà economiche, la Turchia
delle metropoli attua per la terza settimana un serrato “tutti in casa”. Le
cifre della pandemia, dopo un avvio lento ai primi di marzo, sono salite
considerevolmente giungendo finora a 91.000 casi, ma tenendo i decessi (oltre 2000)
al di sotto dei tragici numeri di taluni Stati europei. Questo, a detta del
ministero della Salute, grazie all’individuazione degli infetti tramite una
diffusa pratica di tamponi eseguiti nel Paese dai primi giorni dell’allarme coronavirus.
Ora i tamponi ammontano a 700.000. Come accade in alcune nazioni, c’è chi contesta
i dati ritenendoli non trasparenti. E la polemica diventa politica proprio con
gli amministratori delle maggiori città, la cui direzione nell’ultima
consultazione locale, il partito di governo ha perso a vantaggio dei candidati
dell’opposizione, principalmente repubblicana. Oltre che a Istanbul, ad Ankara,
Izmir, Adana, Mersin, Antalya sono state effettuate raccolte di fondi per
sostenere l’organizzazione della lotta al Covid-19, ma le somme sono state
bloccate da una circolare del ministero dell’Interno che sta svolgendo
indagini. Il sospetto è l’attivazione d’una campagna che condurrebbe a “uno
Stato parallelo”. Uno spettro che, dal tentato golpe del 2016, continua a
essere agitato e, in alcuni casi, supposto dal potere stesso. Dopo le reazioni
sdegnate dei sindaci di quelle città, da alcuni giorni la vicenda sta montando
con l’apertura di un’inchiesta giudiziaria e indagati risultano proprio i primi
cittadini di Istanbul, Ekrem Imamoğlu, e di Ankara, Mansur Yavas. Insomma,
l’Esecutivo non sopporta d’essere eguagliato o superato da iniziative che non
partono direttamente da proprie indicazioni. Nella fase critica le polemiche
dovrebbero lasciare il posto al buon senso, ma come in altre occasioni il
Palazzo sembra guardare prevalentemente a sé.
Il ministro della Salute Koca, ha evidenziato la
rapidità con cui, per far fronte all’emergenza, è stato predisposto un ospedale
dedicato ai contaminati dal Coronavirus, è sorto su una pista smantellata e
riconvertita per questa necessità dell’aeroporto Atatürk nella metropoli sul
Bosforo. Il ministero ha anche diffuso sui media cifre confortanti sui posti
letto per le terapie intensive e fa di tutto per tenere sotto controllo la
situazione sanitaria. Fino a oggi la popolazione sta rispondendo ordinatamente
e coscienziosamente all’invito all’isolamento che viene ripetuto cinque volte
al giorno, assieme alle preghiere dai minareti. Bisognerà vedere se per
stanchezza o necessità lavorativa inizierà uno spontaneo quanto pericoloso rompete
le righe. Il picco epidemico è previsto per la prima settimana di maggio, il
professor Özlü dell’Ufficio Scientifico Nazionale ha dichiarato: “Tutto dipende dai comportamenti collettivi,
rispettare il distanziamento è la prima, fondamentale norma, assieme a quelle
igieniche e alla profilassi personale e di gruppo”. L’esperto fa capire che
se fra 15-20 giorni la Turchia raggiungerà l’apice infettivo e terrà sotto
controllo la situazione, si potrebbe pensare a una prima parziale normalizzazione
lavorativa e sociale entro metà giugno. Intanto il governo, tramite il
ministero del Lavoro, Famiglia e Servizi sociali sta elargendo aiuti (143
dollari) a 4.4 milioni di nuclei familiari bisognosi, in genere chi ha perso il
lavoro oppure attualmente è occupato a tempo ridotto con un salario
insufficiente a un sostentamento minimo. In via d’attuazione anche l’amnistia
‘sanitaria’, che prevede la scarcerazione di decine di migliaia (fra i 70 e i
90.000) di detenuti comuni, anche condannati a lunghe pene per delitti contro
persone e patrimonio, ma esclude totalmente gli oppositori politici. Per
quest’ultimi, considerati tutti indistintamente terroristi, non c’è salute che
tenga.
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