mercoledì 22 aprile 2020

Turchia, il Covid-19 riattiva il virus politico


Ferma, nonostante le conseguenti difficoltà economiche, la Turchia delle metropoli attua per la terza settimana un serrato “tutti in casa”. Le cifre della pandemia, dopo un avvio lento ai primi di marzo, sono salite considerevolmente giungendo finora a 91.000 casi, ma tenendo i decessi (oltre 2000) al di sotto dei tragici numeri di taluni Stati europei. Questo, a detta del ministero della Salute, grazie all’individuazione degli infetti tramite una diffusa pratica di tamponi eseguiti nel Paese dai primi giorni dell’allarme coronavirus. Ora i tamponi ammontano a 700.000. Come accade in alcune nazioni, c’è chi contesta i dati ritenendoli non trasparenti. E la polemica diventa politica proprio con gli amministratori delle maggiori città, la cui direzione nell’ultima consultazione locale, il partito di governo ha perso a vantaggio dei candidati dell’opposizione, principalmente repubblicana. Oltre che a Istanbul, ad Ankara, Izmir, Adana, Mersin, Antalya sono state effettuate raccolte di fondi per sostenere l’organizzazione della lotta al Covid-19, ma le somme sono state bloccate da una circolare del ministero dell’Interno che sta svolgendo indagini. Il sospetto è l’attivazione d’una campagna che condurrebbe a “uno Stato parallelo”. Uno spettro che, dal tentato golpe del 2016, continua a essere agitato e, in alcuni casi, supposto dal potere stesso. Dopo le reazioni sdegnate dei sindaci di quelle città, da alcuni giorni la vicenda sta montando con l’apertura di un’inchiesta giudiziaria e indagati risultano proprio i primi cittadini di Istanbul, Ekrem Imamoğlu, e di Ankara, Mansur Yavas. Insomma, l’Esecutivo non sopporta d’essere eguagliato o superato da iniziative che non partono direttamente da proprie indicazioni. Nella fase critica le polemiche dovrebbero lasciare il posto al buon senso, ma come in altre occasioni il Palazzo sembra guardare prevalentemente a sé.

Il ministro della Salute Koca, ha evidenziato la rapidità con cui, per far fronte all’emergenza, è stato predisposto un ospedale dedicato ai contaminati dal Coronavirus, è sorto su una pista smantellata e riconvertita per questa necessità dell’aeroporto Atatürk nella metropoli sul Bosforo. Il ministero ha anche diffuso sui media cifre confortanti sui posti letto per le terapie intensive e fa di tutto per tenere sotto controllo la situazione sanitaria. Fino a oggi la popolazione sta rispondendo ordinatamente e coscienziosamente all’invito all’isolamento che viene ripetuto cinque volte al giorno, assieme alle preghiere dai minareti. Bisognerà vedere se per stanchezza o necessità lavorativa inizierà uno spontaneo quanto pericoloso rompete le righe. Il picco epidemico è previsto per la prima settimana di maggio, il professor Özlü dell’Ufficio Scientifico Nazionale ha dichiarato: “Tutto dipende dai comportamenti collettivi, rispettare il distanziamento è la prima, fondamentale norma, assieme a quelle igieniche e alla profilassi personale e di gruppo”. L’esperto fa capire che se fra 15-20 giorni la Turchia raggiungerà l’apice infettivo e terrà sotto controllo la situazione, si potrebbe pensare a una prima parziale normalizzazione lavorativa e sociale entro metà giugno. Intanto il governo, tramite il ministero del Lavoro, Famiglia e Servizi sociali sta elargendo aiuti (143 dollari) a 4.4 milioni di nuclei familiari bisognosi, in genere chi ha perso il lavoro oppure attualmente è occupato a tempo ridotto con un salario insufficiente a un sostentamento minimo. In via d’attuazione anche l’amnistia ‘sanitaria’, che prevede la scarcerazione di decine di migliaia (fra i 70 e i 90.000) di detenuti comuni, anche condannati a lunghe pene per delitti contro persone e patrimonio, ma esclude totalmente gli oppositori politici. Per quest’ultimi, considerati tutti indistintamente terroristi, non c’è salute che tenga.

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