Cifre epidemiche in
crescita in Iran. A preoccupare maggiormente sono le grandi concentrazioni urbane,
ma nel Paese si teme una ripresa dei focolai infettivi per il riavvio delle
attività voluta dal governo e da talune categorie, tutti preoccupati dalle ristrettezze
economiche. Immagini provenienti dal grande bazar di Teheran mostrano tante saracinesche
abbassate e scarse presenze nei negozi e nei centri commerciali a nord della
capitale, verso Tajrish. Comunque altri scorci rivelano un cospicuo traffico
automobilistico sulle arterie di scorrimento e un discreto numero di persone
per via e sui mezzi di trasporto pubblico. Ciascuno più o meno protetto. Restano
tuttora serrati ristoranti, palestre, scuole, università e le stesse moschee. Per
tutti si prevede l’apertura in una terza fase, dopo aver monitorato quel che
accadrà quando l’iniziativa mercantile entrerà a pieno regime. Ma le autorità clericali
dovranno valutare come comportarsi nel mese sacro del Ramadan che inizia fra
quattro giorni, una fase che dopo il digiuno diurno prevede riunioni più o meo
ampie per il pasto serale. Con interviste concesse a qualche corrispondente
di testate internazionali è il personale medico a lanciare un doppio allarme:
rivolto alla popolazione, per la quale ora si teme un incrudimento dei livelli
infettivi, e diretto ai colleghi che alla stregua dei sanitari di tante
nazioni, lavorano, si contaminano, muoiono per mancanza di un’adeguata protezione.
Così alcuni ospedalieri, mantenendo per ragioni di sicurezza l’anonimato, avanzano
dubbi sui numeri dell’epidemia offerti dal governo: circa 80.000 infettati e poco
più di cinquemila vittime. Gli interpellati sostengono che i medici deceduti
sono più del doppio dei 42 morti annunciati dall’agenzia di Stato. Sul tema
d’una realistica lettura delle cifre semplicemente raddoppiando quelle diffuse
dal ministero della Salute si sono espressi anche alcuni parlamentari. In ogni
caso nessuno contesta, magari per scaramanzia, il dato offerto da alcuni giorni
sul numero dei decessi a Teheran sceso sotto le cento unità. Per i medici uno
scottante problema resta la prevenzione durante l’assistenza nei reparti
Covid-19. La fornitura di mascherine, guanti, tute risulta insufficiente. Così
pensando all’incolumità propria e dei pazienti chi può si procura quel che
riesce a trovare sul mercato ufficiale e ufficioso, e lo fa a proprie spese. Questi
acquisti seguono forniture dai canali asiatici, visto che l’embargo occidentale
continua a ostacolare e ostracizzare la Repubblica Islamica. Ma individualmente,
solo i dottori che svolgono anche un’attività privata - e dispongono d’un
reddito maggiore dei colleghi ospedalieri, pagati meno di 100 dollari mensili -
possono procurarsi il citato materiale, che resta di non facile reperibilità.
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