La sempre calda e movimentata India riaccende le
tensioni nei difficili giorni della chiusura per l’epidemia di Sars Cov2.
Alcuni giovani musulmani intenti a distribuire cibo ai poveri sono stati aggrediti
a colpi di bastone, mentre nel Punjab lo speaker dei templi Sikh invitava la
popolazione a non acquistare latte dai contadini islamici perché poteva risultare
infetto. Messaggi di odio sono diffusi online, e sul web taluni video
falsificati mostrano presunti islamici che non usano mascherine di protezione,
non rispettano le distanze di sicurezza, non si preoccupano dei rischi
dell’epidemia. Però il movimento missionario musulmano Tablighi Jamaat ha
offerto il fianco all’intolleranza hindu. Si tratta di una congregazione con
decine di milioni di adepti che ha una sede nella periferia di Delhi. Un enorme
edificio che funge anche da centro economico, foresteria, agenzia di viaggio,
luogo di compere per la comunità che lo frequenta. Il quel luogo il mese scorso
s’è svolto un incontro col leader spirituale del gruppo. Era metà marzo e il
governo Modi, già in ritardo nell’arginare l’infezione, aveva vietato riunioni
di più di cinquanta persone. Eppure l’autorevole esponente del Tablighi Jamaat,
Maulana Kandhalvi, teneva un sermone davanti a centinaia di fedeli, tutti a
contatto di gomito. Da quell’incontro di fedeli è sicuramente scaturito un focolaio
di contagi. Successivamente il governo è corso a rintracciare i partecipanti, ponendoli in
quarantena.
Un portavoce del ministero degli Esteri ha dichiarato che il
governo è dovuto intervenire contro simili incontri per gli oggettivi pericoli
di contaminazione. A suo dire, non c’è stato nessun indice di colpevolezza verso
la comunità religiosa. Però relazioni stilate da ispettori governativi
sostengono che ancora a inizio aprile un gran numero di persone era raccolto
nel centro, tutte prive di mascherine e qualsiasi strumento di prevenzione. Un
comportamento stigmatizzato anche da parecchi leader musulmani. Così i sigilli
posti alla sede della missione islamica e le accuse rivolte dalle autorità di
Delhi direttamente a Kandhalvi, per aver col suo sermone attentato
deliberatamente e ampiamente alla salute pubblica, non possono venir
classificate come azioni persecutorie. Ma i rappresentanti musulmani sono
preoccupati dalle tensioni di ritorno, visto che nei mesi invernali fino a
febbraio, il fondamentalismo hindu aveva soffiato sul fuoco dell’intolleranza
attaccando e uccidendo decine di confratelli. Si sostiene che il governo, anche
riguardo alla salute pubblica, proceda in maniera faziosa, perché un conto è
muoversi per garantire la sicurezza attorno a un focolaio come quello della
sede di Tablighi Jamaat, altra cosa è divulgare a mezzo stampa una sorta di
colpa per l’incremento dell’infezione. Su tali ambiguità l’estremismo si
accresce. I nazionalisti hindu non si sono lasciati sfuggire l’occasione per
minacciare, anche in questi giorni di distanziamento sociale, ronde antislamiche
e assedi ai quartieri islamici. E il partito di estrema destra Maharashtra
Navnirman Sena ha già lanciato una campagna per dare la caccia agli adepti del
Tablighi Jamaat.
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