martedì 21 aprile 2020

Saud, l’ultimo sequestro


La segregazione della principessa Basmah bint Saud in una prigione saudita, come lei stessa ha annunciato su Twittet (evidentemente non privata della tecnologia personale) è l’ultimo episodio della saga della repressione e di “rieducazione forzata” cui ha abituato la gestione degli affari interni da parte del principe Bin Salman. Forse non è un caso che le associazioni a favore dei diritti umani, cui la stessa principessa aderisce e offre sostegno, abbiano divulgato la notizia in concomitanza con l’apparizione del rapporto annuale di Amnesty International sulle esecuzioni capitali nel mondo. La monarchia Saud rientra - assieme a Cina, Iran, Iraq, Egitto - fra le cinque nazioni che nel 2019 hanno utilizzato più volte la pena di morte. A Riyadh in centottantaquattro occasioni, i condannati erano prevalentemente uomini (178) accusati di omicidio e questioni di droga. Sei le donne finite al patibolo. Alla principessa va molto meglio. E’ stata “solo” rapita con una delle mie figlie e condotta in galera, senza spiegazioni di sorta. E’ accaduto all’inizio di marzo e la questione è stata tenuta sotto chiave, come la sua vittima. Ora che di tempo ne è trascorso abbastanza, temendo anche per la sua salute, ha pregato il sovrano e il principe Bin Salman d’essere rilasciata per non aver fatto nulla di male. E le sue associazioni con sede in Gran Bretagna, dove lei stessa ha risieduto a lungo prima di rientrare nella penisola araba, hanno fatto da cassa di risonanza a una situazione divenuta delicata.
La principessa non è l’unico sequestro del periodo. Anche il principe Faisal, figlio del re Abdullah e all’epoca responsabile della Mezzaluna Rossa, è stato bloccato a fine marzo col sospetto di essere affetto dal Covid-19. Vero, falso? Comunque da un ipotetico isolamento per quarantena è stato condotto in carcere e da venticinque giorni i familiari non sanno niente di lui. La mano del principe-sovrano dovrebbe aver dettato questi arresti che, pur rivolti a singoli, paiono in linea con la prassi coercitiva già imposta in altre occasioni ad appartenenti alla corposa famiglia reale. La prigione dorata dell’hotel Ritz-Carlton di Riyadh, in cui Bin fece rinchiudere undici membri della famiglia Saud accusandoli di corruzione, è rimasta negli annali neri di famiglia. Qualcuno dei principi, non sfuggì alla prigione vera, e uno dei più potenti, Turki bin Abdullah, è tuttora detenuto. Perché accanto al programma riformatore (Vision 2030) di diversificazione dell’economia da Stato redditiere - peraltro utile in situazioni come l’attuale di caduta del prezzo del petrolio - Bin Salman cerca di eliminare ogni diretto concorrente (fratelli, fratellastri, cugini) a una gestione accentrata del potere. Ma sappiamo che il suo cinismo ha fatto di più.
Il grande principe, come ogni oligarca, non tollera la dissidenza. E nel caso del giornalista Jamal Khashoggi, è giunto a tagliarla letteralmente a pezzi. Ha poi ammesso che si è trattato d’un errore e ha voltato pagina, aiutato da potenti e potentati del mondo che hanno steso un velo, nient’affatto pietoso ma intriso di correità, con la corona assassina. Ora la “censura” imposta alla principessa che parla di diritti umani, è un ennesimo avvertimento. Perché la signora Basmah, dopo un divorzio da un marito appartenente a un clan saudita di rango, se ne andò in Inghilterra a seguire i propri affari, e fin lì tutto bene. Poi s’è appassionata a questioni umanitarie, trasformando una posizione di riformismo moderato sui problemi interni sauditi, in richieste sempre più scomode per la corona. Interveniva sui metodi d’interrogatorio della polizia ufficiale, sul ruolo della polizia religiosa, fino a inoltrarsi sulle leggi islamiche che vietano raduni misti di uomini e donne. Insomma, troppo per il principe-riformatore che sulle innovazioni pretende l’esclusiva e alle donne, a certe donne, concede al massimo la patente di guida automobilistica. Insomma Basmah ha varcato i limiti e il sequestro, anche prolungato, dovrebbe servire a rimetterla in riga. E tanto per incuterle brividi maggiori, la sicurezza interna la tiene rinchiusa in una galera di quelle grevi, dove circolano detenuti d’ogni estrazione, finanche i possibili condannati a morte. Così la cerchia amicale della principessa rivela alla stampa che lei ha inviato un ‘cinguettìo’ al Dominus, sperando in un “gesto d’umanità”.

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