martedì 30 novembre 2021

Emirato dell’Afghanistan: le promesse, la realtà

Le vendette si consumano a freddo, anche i regimi adottano questa norma. Così mentre il premier dell’Emirato dell’Afghanistan nega che ci siano ritorsioni in corso, men che meno violente, e mentre la leadership talebana continua a rassicurare i lavoratori del vecchio governo, circola un documento di Human Rights Watch che all’inverso parla di esecuzioni sommarie verso cittadini che avevano ricevuto le medesime rassicurazioni. Afghani che nuclei di turbanti sono andati a cercare nelle loro case, li hanno prelevati e passati per le armi. La colpa: aver vestito la divisa dell’esercito locale, addestrato dalle truppe della Nato. Soggetti responsabili di ‘atti imperdonabili’ - dicono taluni comandanti taliban - che sono diventati essi stessi vittime di altrettanti ingiustificabili assassini. E’ l’Afghanistan delle faide, conosciute peraltro da decenni, cui hanno contribuito un po’ tutti i protagonisti di cinquant’anni di conflitti. Da quelli post monarchici del Partito Democratico del Popolo, all’Armata Rossa giunta in soccorso. Poi mujaheddin diventati Signori della guerra, talebani di Omar, americani e occidentali delle extraordinary rendition definite ‘missioni di pace’, loro imitatori in divisa da Afghan National Security Forces, talebani della vendetta targati Akhundzada o Haqqani. E gli ex compagni delle madrase diventati nemici sotto la sigla dell’Isis Khorasan. Contro quest’ultimi attualmente si registrano retate nella provincia orientale di Nangarhar. A Jalalabad si è verificata una vera e propria battaglia. I ricercati hanno attaccato con ogni mezzo, armi e kamikaze. Secondo una dichiarazione del  capo della polizia locale durante il combattimento, che ha portato all’arresto di due sospettati miliziani, una coppia s’è fatta esplodere in una casa. Il mantra diffuso dai portavoce ufficiali è: chiunque non deve avere timore. Ma chi osserva e vede che gli avvisi di amnistia, addirittura per i reclusi, sono di fatto aggirati da operazioni come quelle denunciate dal report di HRW, trova una discrasia fra promesse e realtà. Le testimonianze di familiari e amici parlano di sparizioni, per probabili rapimenti, e raid diretti nelle case dove elementi noti abitano o sono riparati. E’ accaduto nella provincia di Kunduz a un appartenente all’Intelligence (NDS) rifugiatosi dai suoceri e trovato morto per strada. Altre aree interessate: le meridionali di Kandahar, Helmand e a Ghazni. Secondo l’Ong statunitense ulteriori dichiarazioni ufficiali dell’attuale governo di voler prevenire abusi, finiscono per ritenere responsabili gli abusati.  

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