Le vendette si consumano
a freddo, anche i regimi adottano questa norma. Così mentre il premier
dell’Emirato dell’Afghanistan nega che ci siano ritorsioni in corso, men che
meno violente, e mentre la leadership talebana continua a rassicurare i
lavoratori del vecchio governo, circola un documento di Human Rights Watch che all’inverso parla di esecuzioni sommarie verso
cittadini che avevano ricevuto le medesime rassicurazioni. Afghani che nuclei
di turbanti sono andati a cercare nelle loro case, li hanno prelevati e passati
per le armi. La colpa: aver vestito la divisa dell’esercito locale, addestrato
dalle truppe della Nato. Soggetti responsabili di ‘atti imperdonabili’ - dicono
taluni comandanti taliban - che sono diventati essi stessi vittime di
altrettanti ingiustificabili assassini. E’ l’Afghanistan delle faide,
conosciute peraltro da decenni, cui hanno contribuito un po’ tutti i
protagonisti di cinquant’anni di conflitti. Da quelli post monarchici del Partito
Democratico del Popolo, all’Armata Rossa giunta in soccorso. Poi mujaheddin
diventati Signori della guerra, talebani di Omar, americani e occidentali delle
extraordinary rendition definite
‘missioni di pace’, loro imitatori in divisa da Afghan National Security
Forces, talebani della vendetta targati Akhundzada o Haqqani. E gli ex compagni
delle madrase diventati nemici sotto la sigla dell’Isis Khorasan. Contro
quest’ultimi attualmente si registrano retate nella provincia orientale di
Nangarhar. A Jalalabad si è verificata una vera e propria battaglia. I
ricercati hanno attaccato con ogni mezzo, armi e kamikaze. Secondo una
dichiarazione del capo della polizia locale
durante il combattimento, che ha portato all’arresto di due sospettati
miliziani, una coppia s’è fatta esplodere in una casa. Il mantra diffuso dai
portavoce ufficiali è: chiunque non deve avere timore. Ma chi osserva e vede che
gli avvisi di amnistia, addirittura per i reclusi, sono di fatto aggirati da
operazioni come quelle denunciate dal report di HRW, trova una discrasia fra promesse e realtà. Le testimonianze di
familiari e amici parlano di sparizioni, per probabili rapimenti, e raid
diretti nelle case dove elementi noti abitano o sono riparati. E’ accaduto nella
provincia di Kunduz a un appartenente all’Intelligence (NDS) rifugiatosi dai
suoceri e trovato morto per strada. Altre aree interessate: le meridionali di
Kandahar, Helmand e a Ghazni. Secondo l’Ong statunitense ulteriori dichiarazioni
ufficiali dell’attuale governo di voler prevenire abusi, finiscono per ritenere
responsabili gli abusati.
Nessun commento:
Posta un commento