La Telekabul del Terzo
Millennio, prende corpo nella capitale afghana sotto le indicazioni del
dicastero per la Promozione della Virtù e della Prevenzione del Vizio, sì
proprio così. Se ne occupa direttamente il ministro Muhammad Khalid Hanafi, che
ieri in conferenza stampa ha annunciato di voler reclutare giornalisti da
opporre alla ‘propaganda negativa’ che investe il governo talebano. L’idea,
immaginiamo, sia quella di promuovere propri propagandisti più che giornalisti,
e si pensa di allargare la professione alle stesse donne. Tutto il personale
dovrà essere in linea coi valori della Shari’a,
ideologicamente ed esteticamente, per cui le anchor indosseranno l’hijab, e più spesso il niqab che lascia liberi solo gli occhi.
Probabilmente i cronisti sfoggeranno una fluente barba. Il ministero vuole
anche ricondurre la visione di film a princìpi corretti che non contrastino la
legge islamica. “Ogni trama che insulti
riti religiosi e la dignità umana non dovrebbe essere mandato in onda” ha
dichiarato Hanafi, rifacendosi al materiale proveniente da produzioni di Paesi
vicini che non adottano un adeguato “sistema di filtraggio”. Il riferimento è rivolto
a filmografia e varietà considerati indecenti, tollerati e trasmessi, ad
esempio dalla tivù pakistana. Ma il concetto dell’indecenza del ministro-censore
è ampio, e può comprendere la presenza sulle scene di personaggi femminili.
Cosicché il dicastero darebbe via libera a contenuti interpretati da soli
attori di sesso maschile. Inoltre “Serie
e immagini del profeta sono assolutamente vietate”. Tutto ciò non viene
posto come imposizione governativa, bensì sotto forma di “consiglio” rivolto a
media e addetti ai lavori. Un consiglio che va ad aggiungersi ad altri, questi
più spinti e divulgati sotto forma di norme relative sempre all’abbigliamento e
all’orientamento di studentesse universitarie e giornaliste, che prendendo un
eccesso di libertà rischiano la fustigazione. Appena dopo la presa del potere i
turbanti avevano sostenuto la volontà di rispettare l’indipendenza dei media,
purché questi non ostacolassero i ‘valori nazionali’. Nel mese di settembre il
suddetto ministero della Promozione della Virtù, in sostituzione del ministero
degli Affari femminili, già impediva
alle donne l’esercizio di molti lavori. Eppure nei Palazzi dell’Emirato ci si
sente innovativi. Nel quinquennio 1996-2001 il governo del mullah Omar,
disdegnava qualsiasi apertura ai media, vietava film e intrattenimenti
giudicati nel complesso immorali. All’epoca i più facoltosi, possessori di
apparecchi televisivi, rischiavano oltre alle pene di fustigazione e possibili
carcerazioni lo smembramento del demoniaco elettrodomestico. L’unica stazione
radio udibile era Voice of Shari’a.
Oggi è tutta un’altra storia.
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