Se non fosse il disastro che è, con tutti gli intrighi, i sotterfugi, le bugie, i drammi che
affliggono decine di milioni di cittadini, la vicenda di mister Poonawalla
farebbe da trama a una delle tante produzioni di Bollywood, tutt’altro che a
lieto fine. Anche per lui fuggito a Londra con l’avvenente consorte e i
pargoli, sembra giunta la sorte avversa del destino. In realtà cade in piedi,
finisce in un’enorme e lussuosissima abitazione nel paradiso dei signori: l’area
per straricchi di Mayfair. Comunque continua a dire di star male e aver paura
di tremende vendette. Proprio così. Adar Poonawalla è figlio di Cyrus, il
creatore del Serum Institute di Pune, azienda nata nel 1966 e diventata leader
nella produzione mondiale di farmaci. Adar ne è da tempo l’amministratore delegato,
sarebbe meglio dire era, poiché su quella carica pende quell’incertezza che l’ha
fatto riparare nel buen retiro dell’ex matrigna coloniale, inseguito - sostiene
sempre lui - da minacce pericolosissime.
Più che dalla gente comune, moribonda e sofferente in gran numero, le
intimidazioni potrebbero venire da chi contesta alla multinazionale d’aver
trascurato il mercato interno dei vaccini anticovid, per lucrosi contratti
internazionali. Nelle scorse settimane davanti ad alcuni centri dove i ricoverati
crepavano per mancanza d’ossigeno e di altri strumenti di supporto alla
malattia comparivano manifesti che accusavano “Perché avete spedito i vaccini dei nostri bambini all’estero?” Alla
domanda legittima e disperata, la polizia ha risposto con retate rivolte ad
attivisti dell’opposizione. Ma anche figure di primo piano della politica
nazionale: Sonia Ghandi, per il Partito del Congresso, Sitaram Yechury per
quello comunista, e lo spauracchio del premier Mamata Banerjee, che ha umiliato
il Bjp nella recente elezione nel Bengala, hanno chiesto conto a Modi di tanta
criminale sciatteria verso il terribile male. Lui semplicemente se ne
infischia.
Proprio gli affari del Serum Institute e del suo super manager,
hanno avuto il benestare governativo, e dopo l’accordo addirittura d’un anno fa
stipulato con AstraZeneca per la
produzione del Covidshield ad uso
interno, le mosse successive dello scorso gennaio vedevano Poonawalla dirottare
70 milioni di dosi a Paesi stranieri. A fine di quel mese s’è verificato un
incendio della nuova linea di produzione aziendale del vaccino (casuale,
doloso? nulla trapela) e secondo quanto dichiarato alla stampa l’amministratore
delegato, temendo per la sua incolumità, ha fatto velocemente le valigie
trasportando l’intera famiglia nel sicuro riparo britannico. Ancor’oggi
Poonawalla afferma che potrebbero “tagliargli
la testa”, facendo intendere quasi una vendetta di sponda jihadista. Una
versione benvista dal fondamentalismo hindu, che un anno fa aveva diffuso la
teoria del “Coronajhad” per lo sviluppo assunto dalla pandemia in un’area di
Delhi dopo un incontro di massa organizzato da una Confraternita islamica. Purtroppo
simili raduni sono ripresi dopo l’estate. A maggio scorso Modi aveva decretato
alcune settimane di chiusura di molte attività, la ricaduta sulla micro
economia di milioni di famiglie i cui pasti quotidiani dipendono dalla
possibilità di lavorare, aveva delineato una situazione esplosiva. Nei mesi
estivi s’era registrato un calo dei
contagi, pur fra controlli minimi e riscontri insignificanti. Nei mesi di
ottobre e novembre giungevano le ciclopiche manifestazioni degli agricoltori,
provocate da decreti governativi in loro sfavore, seguite da una sorta di
liberatoria per feste private, pubbliche e religiose. I contagi risalivano
paurosamente, eppure il negazionismo governativo era assoluto. Scarsissimi gli
investimenti sul disastrato settore sanitario, disprezzo e persecuzione verso
medici e scienziati che lanciavano accorati appelli, imbarazzanti suggerimenti
per tamponare la pandemia con “urina di
vacca e unguenti a base di olio di sesamo, di cocco e burro da porre nelle
narici due volte al giorno”. Un pazzesco mix di menzogne e superstizione
che ha condotto, dietro certi guru promossi consiglieri del governo, milioni di
hindu a immergersi, come da atavica ritualità, nelle acque del Gange, per poi
galleggiarvi cadaveri.
Le pire sotto cielo sono apparse in decine di servizi, in centinaia
d’immagini che il contenimento repressivo del Baharatiya Janata Party non è riuscito a oscurare. Certo,
l’apparato mediatico di sostegno ha prodotto, e continua produrre, un’enorme
disinformazione tramite i propri canali. La più inquietante riguarda gli
apparati e istituti preposti proprio alla notifica dell’attuale stato della
malattia. Diversi organi, anche sul web, trasmettono cifre aggiornate ogni ora
- attualmente indicano in 320.000 le vittime - ma diversi studiosi di
statistica, anche indiani, sostengono che i numeri sono ampiamente
sottostimati. I cittadini deceduti per Coronavirus sarebbero oltre un milione,
alcuni esperti sostengono che come per altre percentuali il governo impone agli
istituti un abbassamento anche di cinque volte i dati finali. Così dopo un
anno, l’India potrebbe aver registrato oltre un milione e mezzo di vittime, quota
che rapportata al miliardo e 350 milioni di abitanti può apparire contenuta, ma
di per sé non lo è, e in ogni caso rappresenta la peggiore catastrofe del Paese
dalla sua indipendenza. Nessuna carestia, nessuna inondazione monsonica ha
fatto altrettanto. Il guaio è che con l’orientamento dell’attuale esecutivo al
potere l’orizzonte rimane oscuro. Accanto all’altolà tutto in spirito
nazionalista imposto alla grande azienda farmaceutica di Pune: i vaccini devono
restare in loco, e ne sono previsti con un logo che mostra l’effige neanche a
dirlo di Modi, il sistema ospedaliero non viene rafforzato, quello preventivo neppure,
la sovrappopolazione non solo negli enormi slum, ma nelle stesse periferie
delle metropoli con estrema promiscuità
abitativa, lasciano inalterata la minaccia di nuovi focolai. Cui s’aggiunge la
questione delle varianti. Chi non viene vaccinato, dunque centinaia di milioni
di persone, visto che per quest’anno il governo promette d’inoculare 300
milioni di dosi, presta il fisico a diventare un laboratorio per sviluppi del
Sars-CoV 2 in nuove versioni. Le varianti indiane sono due. Forse tre. Per ora.
Del domani non v’è certezza.
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