“Non vogliamo un
fiduciario come rettore” gridano gli studenti della prestigiosa università
Bogazici, terza istituzione educativa
di Istanbul. Le invettive sono rivolte al nuovo rettore, Melih Bulu, investito
dell’incarico dallo stesso presidente Erdoğan, e ritenuto appunto uno dei tanti
suoi sodali. Un uomo di fiducia posto a verificare che nella struttura che
forgia un pezzo della classe dirigente del Paese non trovino spazio teste calde
d’un antagonismo di sistema, prima che politico. Da parte loro gli universitari
vogliono preservare la cittadella degli studi del Bosforo da quegli orientamenti
e indottrinamenti che il governo rivolge all’intera società turca. Specializzato
in lingue straniere, ingegneria, arte, economia e amministrazione finanziaria
l’ateneo che conta tredicimila iscritti si vanta di tenere legami col sistema
educativo occidentale, in particolare statunitense, un fattore afferente la
tradizione del fondatore Robert College che l’istituì nel 1863. I giovani non
mollano e proprio in occasione della ripresa delle lezioni in sicurezza si sono
schierati sulla scalinata d’una delle facoltà, chiedendo le dimissioni di Bulu poiché
quell’incarico risulta una “sfida alla
democrazia”. Nella Turchia erdoğaniana non è la prima, e tanto per ribadire
l’aria che tira sul Bosforo, da quattro giorni reparti antisommossa sono presenti
nell’università e già s’è verificato qualche tafferuglio. Il clima è teso e può ulteriormente scaldarsi,
visto che gli iscritti alla Middle East
Technical University e alla Marmara
University, le altre accademie della metropoli, decidono di sostenere la
protesta dei colleghi Bogazici. E
rincarano la dose: “Non solo il vostro
rettore, anche altri soggetti devono lasciare gli scranni”.
Nel proclama che gli universitari hanno indirizzato ai
media turchi, ricevendo scarso seguito vista la ‘normalizzazione’ attuata da
anni sulla stampa dal governo dell’Akp, ricorre il concetto di trasparenza: “Gli incarichi devono scaturire da una
selezione fra più soggetti, non da investiture. E’ la stessa comunità
accademica che può trovare la sua guida com’era costume fino al 2016”. “Questa
nomina ci riporta al 1980, un periodo di dittatura” lamentano gli studenti.
In effetti la vicenda rientra pienamente nella reazione e nel repulisti che il regime
ha attuato nei confronti dell’ex alleato gülenista
che per anni s’era occupato d’istruzione privata, col circuito di propri
istituti, e d’infiltrazione accademica nelle università statali. I contrasti e
la rottura fra Fethullah Gülen ed Erdoğan hanno portato, secondo la versione di
quest’ultimo, al tentativo di golpe del luglio 2016. E trattandosi di ferreo
controllo da quel momento l’apparato del partito di maggioranza (Akp) -
associato agli inquietanti nazionalisti del Mhp, il partito dei ‘Lupi grigi’ - ha
trasformato la stretta sulle libertà nel Paese in nodo scorsoio. I richiami
studenteschi alla “straziante
osservazione delle pratiche repressive negli atenei” sembra l’ultimo epicedio
dopo mesi e mesi di soffocamento che hanno afflitto un’infinità di settori. Lo
statuto del Senato accademico del 2012, sventolato quale simbolo, ricordando
come la “libertà universitaria sia essenziale
per il progresso sociale e scientifico” diventa carta straccia al cospetto
del controllo che i nuovi nominati devono realizzare. Gli studenti denunciano:
“le università non possono diventare
strumenti della politica”. Purtroppo sta succedendo, e la loro voce è un
grido nel deserto.
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