Li guardi e ne percepisci l’incertezza. Un’irruenza covata,
allevata, allenata nelle caserme, nelle palestre e in quella palestra della
prateria che gli avi hanno stravolto con ben più malvagia violenza. Gli
assalitori della casa simbolo d’una democrazia malata vorrebbero ma non vanno
oltre le intenzioni del proprio santone, che non è l’uomo-bufalo, perché a
sterminare i bufali ci aveva già pensato un più infallibile assalitore, ma il
santone in cravatta che li ha drogati di velenose bugie. Non sanno che farsene
neppure delle armi – non molte – che si sono trascinati dietro, e che la
democrazia che le diffonde nel mondo, gli permette di condurre con sé e,
volendo, di utilizzare. Non le usano contro l’Istituzione nemica, molto più
equipaggiata per la difesa del simbolo, ma non le usano perché non sanno cosa
fare. Un assalto di disperazione più che d’azione. Un addio alle stesse armi
con l’arma più volgare: la bestemmia contro la verità. L’affermazione infantile
della demenza senile d’un narciso corruttore, diventato statua della propria
libertà di seviziare quei cervelli che non amano pensare, preferendo schierarsi
e vagare, così come sono stati immortalati da flash e telecamere nelle sale del
Capitol Hill.
Eppure taluni volti sono ben riconoscibili, quelli che hanno
vestito e vestono altre mimetiche, che in qualche caso son le stesse, tenute
per ricordo. Sono le facce che conducono la pace nel mondo, imbracciando più
sofisticate armi d’ordinanza, che partecipano alle mission impossible cui ci ha abituato il “candore” diffuso dalla
nota Casa e dallo stesso luogo simbolico ieri strattonato dalla masnada di
fanatici assalitori. Medita l’anima riflessiva d’America sul suo corpo turpe
che deforma l’immagine di tanti angoli del mondo per volere di certi suoi
Presidenti e Congressi? Ne dubitiamo. Perché nella sua breve storia scritta
anche col sangue fraterno, la nazione delle opportunità diventata superpotenza
del sopruso continua a far versare sangue ad altre genti. Eventi decisi nelle
stanze imbandite dalla rievocazione della propria potenza che cerca di
rinnovare traguardi senza porsi domande sull’umanità presente e futura.
Inseguendo quei sogni di vanagloria i molti fanatici dell’orgoglio d’America continuano
a vagare per il mondo, in mimetica e in blazer, alla conquista d’altre colline
e pianure, invadendo e rincorrendo conquiste che negli ultimi vent’anni si chiamavano
Afghanistan e Iraq. E un tempo Vietnam e Corea. In un fanatismo e in
un’ipocrisia senza limiti.
Erano infiltrati di ANTIFA, con attori pagati da Soros per fare la parte di vikinghi.
RispondiEliminaO gli attori erano quelli vestiti da poliziotti, apparsi abbastanza accondiscendenti...
Elimina