Due nuovi omicidi a
Kabul, colpite due donne, giudici della Corte Suprema. Freddate da un commando
che ha bloccato l’auto sulla quale viaggiavano, ferendo anche l’autista e
un’impiegata dell’organismo presente al loro fianco. Il presidente Ghani denuncia:
“Gli agguati talebani e di altri gruppi
terroristi contro i difensori del popolo sono un attacco agli insegnamenti
islamici e allo spirito di pace. Terrore, crimini e violenza non risolvono i
problemi”. Valutazioni simili dalle maggiori ambasciate occidentali,
britannica e statunitense. Come in altre circostanze nessuno ha rivendicato
l’attentato. Ovviamente non la delegazione dei turbanti impegnata a Doha, dove
quando la notizia s’è diffusa, è apparso un comunicato di condanna da parte del
locale emirato. La delegazione guidata da Baradar e Hakim Haqqani (già giudice
di Kandahar, da non confondere con Sirajuddin, rampollo dell’omonima Rete un
tempo dissidente) pur essendo presente dallo scorso giovedì in Qatar, ha
disertato il tavolo di trattative. Secondo il loro portavoce, non avrebbe mancato
l’appuntamento, si sarebbe trattenuta in discussioni interne. Punti di vista
diversi, che spesso risultano sostanziali. Dopo una sosta a fine anno, in cui
si sono verificati diversi attentati con numerose vittime attribuiti dal vicepresidente
afghano Saleh proprio ai taliban, il tavolo di trattative ha ripreso gli
incontri. Negli ultimi giorni ne sono stati programmati tre, ma in due
circostanze gli ‘studenti coranici’ non hanno presenziato. Un esponente
dell’Alto Consiglio per la Riconciliazione ha chiosato che “la popolazione cerca pace e cessazione delle
ostilità e simili battute d’arresto sono uon scialo di tempo ed energia”. Realisticamente
il portavoce del Jamiat-e Islamic Party ha fatto presente che nessuna delegazione
muoverà dei passi prima dell’insediamento di Joe Biden. E poiché Casa Bianca e
Pentagono, pur nella precedente versione, sono stati i registi del ‘piano di
pace’ i dialoghi slitteranno di alcuni giorni. O di qualche settimana, in
attesa delle future mosse da svelare. Più dalla parte dello staff Democratico
verso il ricercato accordo, che da quella talebana, rimasta intonsa e convinta
delle proprie certezze. Comunque gli schieramenti dovranno studiarsi. Quindi
bocche chiuse per un po’ e spazio a posizioni da circa due anni rimaste le
stesse. Le bocche che non si placano son quelle di fuoco. Un richiamo alla voce
delle armi giunge pure dall’Intelligence afghana, che col portavoce Mohib
rivendica la recente retata e l’uccisone di alcuni miliziani nell’Helmand.
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