L’impossibilità di tracciare i contatti, la compiacenza e i passi
falsi governativi hanno ridotto l’India a uno dei luoghi al mondo più colpiti
dall’attuale pandemia di Covid-19. Difficoltà possono essere pagate da tutti: gli
epidemiologi avvertono che gli errori compiuti nel secondo Paese più abitato al
mondo avranno ripercussioni globali. L’annuncio non turba i politici indiani.
Intervenendo sulla situazione che da due mesi appare fuori controllo il premier
Modi, anziché insistere con le chiusure locali nei luoghi a più elevata
contaminazione, ha ipotizzato un ritorno a un grande lockdown. Ma gli
osservatori sostengono che non lo farà. E’ più preoccupato delle ripercussioni
economiche che coinvolgono masse enormi; decine di milioni di cittadini non
sono intenzionati a rivivere restrizioni. Così il premier lancia un personale
vademecum comportamentale: “Test, tracciamenti e trattamenti”, buono per la
propaganda populista che lo contraddistingue. L’amministrazione centrale se la
prende con quelle locali, incolpate d’incapacità e incompetenza (sic), ma per
l’ondata che da settimane produce picchi superiori ai 150.000 contagiati al
giorno si resta fermi alle raccomandazioni di mascherine e distanziamento,
sistemi dopo un anno non utilizzati da tutta la popolazione. Anzi il
rilassamento è all’ordine del giorno. Del resto proprio Modi e il suo partito l’hanno
incentivato, organizzando una ventina di oceanici raduni politici frequentati
da migliaia di supporter senza protezione sul volto.
Per la fine di questo mese, l’esecutivo ha dato il
benestare al rituale pellegrinaggio hindu Purna
Kumbh Mela, con milioni di persone che vanno a immergersi nei fiumi sacri.
Ad Haridwar, sulle rive del Gange, è
atteso un milione di fedeli… Ringalluzzito da Modi il capo dell’Uttarakhand, ossequioso
al Bharatiya Janata Party, già
dichiara che “La fede in Dio supera la
paura del Covid-19”. La sua dev’essere in ribasso, visto che di recente è
risultato positivo al virus. Eppure proprio un anno fa un improvvido raduno
religioso, in quel caso islamico, attuato in una zona di Delhi dal movimento
missionario Tablighi Jamaat, provocò
centinaia di contagi fra i partecipanti e venne fortemente criticato dal
governo. Seguì una caccia all’untore musulmano praticata dai militanti del Bjp al grido di ‘Coronajihad’. La
campagna di vaccinazione è in palese ritardo, per il copioso caos e la mancanza
di vaccini, nonostante la nazione-continente sia la maggiore produttrice di
farmaci del pianeta. La tanto dibattuta immunizzazione con AstraZeneca, ora Vaxzevria,
vede il 40% della produzione mondiale nel ciclopico Serum Institute, di Pune, metropoli dello Stato Maharashtra, il
secondo più popolato dell’India coi suoi 112 milioni di abitanti. Bloccando le
commesse estere e fregandosene dei contratti, ora i vertici industriali fanno
sapere che almeno per due mesi tutti quei vaccini saranno utilizzati in loco. Eppure
diverse regioni non si sentono rassicurate né dall’establishment politico né da
quello aziendale.
Se l’inoculazione non progredisce l’India, che finora non ha vaccinato neppure l’1% dei cittadini,
necessiterà di almeno due anni per raggiungere il 60-70% d’immunizzazione. Gli
osservatori sono preoccupati perché i Paesi dai grandi numeri coi loro
andamenti possono influenzare la situazione internazionale, specie per un virus
assai mutageno come Sars CoV2. Lo squilibrio nel monitorare i casi indiani
durante la prima ondata pandemica è legato all’alto numero di popolazione
giovanile, meno suscettibile all’infezione originaria; attualmente con le varianti
inglese, brasiliana, sudafricana la situazione cambia. Le statistiche indiane
ingannano perché coinvolgono l’intera popolazione, un terzo della quale - 450
milioni di persone - non supera i 35 anni. Calcolando solo settantenni e
ottantenni, magari si scoprirebbe una mortalità simile a quella statunitense o italiana.
Comunque il monitoraggio deficitario ha offerto una falsa percezione del
pericolo proprio in casa e l’amministrazione statale stenta tuttora ad attrezzarsi.
Gli stanziamenti per la salute sono quelli della scorsa estate, scienziati
interni e i colleghi che parlano da fuori dicono che un Pase tanto popolato necessita
d’un rapido piano vaccinale. Ma, come annunciato, il pericolo è generale: per
com’è interconnesso il mondo un’India in ginocchio rallenterà lo sforzo globale.
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