lunedì 6 dicembre 2021

Qatar-Turchia, baratto anticrisi

Merce in cambio di truppe va a sancire Recep Tayyip Erdoǧan volato a Doha dall’emiro Al Thani. Ovviamente tutto avviene all’interno d’un incontro ufficiale, il settimo del Supreme Strategic Committe, che accanto al tema della ‘sicurezza’ prevede investimenti per cultura, sport, salute, affari religiosi, commerci e un’altra voce non meglio identificata. Quest’ultima potrebbe portare liquidità a taluni mega progetti pubblici rimasti in sospeso come il secondo Canale sul Bosforo. Bloccati dalla crisi inflattiva della lira turca, messa ancor più a repentaglio dalla linea di condotta voluta dal presidente stesso, contro il parere della Banca Centrale e dell’ultimo ministro delle Finanze, immediatamente sostituito. Qatar e Turchia avevano allacciato i rapporti del Supreme Committe nel 2015. Nel 2017 Erdoǧan aveva gettato il suo peso internazionale a sostegno dell’emiro qatarino che, su regia di bin Salman, subiva l’embargo dei Paesi del Golfo. Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, Bahrein ed Egitto imposero il blocco mercantile a Doha, accusandola d’ingerenza negli affari delle altre petromonarchie, sostegno ideologico e politico alle Primavere arabe, peraltro da tempo sfiorite e represse. Allora gli aerei turchi portarono derrate al piccolo e ricchissimo emirato, stavolta accadrà il contrario. Ma accanto alle note diffuse su merci in viaggio verso la Turchia (probabilmente anche le costose materie prime che ovunque nel mondo producono la febbre inflattiva) saranno nuovi finanziamenti miliardari che il Capo di Stato turco riesce a ottenere per raddrizzare, almeno parzialmente le casse statali. Come accadeva nell’estate 2018. 

 

Da parte sua Ankara offre un servizio finora assai efficace, quello dei militari. Peraltro, dopo le epurazioni dell’ultimo quinquennio, fedelissimi alle decisioni del ‘sultano’. E non c’è solo Al Thani. Terminata la crisi fra gli Stati del Golfo, una distensione si era verificata anche con la Turchia e ora che la crisi economica morde i Palazzi di Ankara, potenziali investimenti provenienti da quei Paesi che puntano a diversificare la propria economia fuori dall’area e dall’energia appaiono come una manna insperata. Il principe di Abu Dhabi Mohammed bin Zayed Al Nahyan ha incontrato Erdoǧan il mese scorso. Ora provvede al rimpatrio di personaggi poco raccomandabili (boss mafiosi) presenti negli Emirati, di cui il governo turco aveva a lungo chiesto l’estradizione senza essere esaudito. Sono gesti distensivi che la Turchia ricambia riallacciando relazioni interrotte da Riyad al Cairo. Di mezzo c’erano stati il golpe del 2013 contro il governo della Fratellanza Musulmana, e il torbido omicidio del giornalista Khashoggi consumato nel 2018 sul suolo turco, all’interno del consolato saudita a Istanbul. Per puntellare l’economia Erdoǧan fa di tutto, e passa oltre pure su prossime esplorazioni compiute dalla Qatar Petroleum per conto di Cipro. In quelle Zone Economiche Esclusive fino a qualche tempo fa oggetto di pattugliamenti della marina turca osannante la sua ‘Patria Blu’.

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