Merce in cambio di
truppe va
a sancire Recep Tayyip Erdoǧan volato a Doha dall’emiro Al Thani. Ovviamente
tutto avviene all’interno d’un incontro ufficiale, il settimo del Supreme Strategic Committe, che accanto
al tema della ‘sicurezza’ prevede investimenti per cultura, sport, salute,
affari religiosi, commerci e un’altra voce non meglio identificata.
Quest’ultima potrebbe portare liquidità a taluni mega progetti pubblici rimasti
in sospeso come il secondo Canale sul Bosforo. Bloccati dalla crisi inflattiva
della lira turca, messa ancor più a repentaglio dalla linea di condotta voluta
dal presidente stesso, contro il parere della Banca Centrale e dell’ultimo
ministro delle Finanze, immediatamente sostituito. Qatar e Turchia avevano
allacciato i rapporti del Supreme
Committe nel 2015. Nel 2017 Erdoǧan aveva gettato il suo peso
internazionale a sostegno dell’emiro qatarino che, su regia di bin Salman,
subiva l’embargo dei Paesi del Golfo. Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti,
Bahrein ed Egitto imposero il blocco mercantile a Doha, accusandola d’ingerenza
negli affari delle altre petromonarchie, sostegno ideologico e politico alle
Primavere arabe, peraltro da tempo sfiorite e represse. Allora gli aerei turchi
portarono derrate al piccolo e ricchissimo emirato, stavolta accadrà il
contrario. Ma accanto alle note diffuse su merci in viaggio verso la Turchia (probabilmente
anche le costose materie prime che ovunque nel mondo producono la febbre
inflattiva) saranno nuovi finanziamenti miliardari che il Capo di Stato turco riesce
a ottenere per raddrizzare, almeno parzialmente le casse statali. Come accadeva
nell’estate 2018.
Da parte sua Ankara
offre
un servizio finora assai efficace, quello dei militari. Peraltro, dopo le
epurazioni dell’ultimo quinquennio, fedelissimi alle decisioni del ‘sultano’. E
non c’è solo Al Thani. Terminata la crisi fra gli Stati del Golfo, una
distensione si era verificata anche con la Turchia e ora che la crisi economica
morde i Palazzi di Ankara, potenziali investimenti provenienti da quei Paesi
che puntano a diversificare la propria economia fuori dall’area e dall’energia
appaiono come una manna insperata. Il principe di Abu Dhabi Mohammed bin Zayed
Al Nahyan ha incontrato Erdoǧan il mese scorso. Ora provvede al rimpatrio di
personaggi poco raccomandabili (boss mafiosi) presenti negli Emirati, di cui il
governo turco aveva a lungo chiesto l’estradizione senza essere esaudito. Sono
gesti distensivi che la Turchia ricambia riallacciando relazioni interrotte da
Riyad al Cairo. Di mezzo c’erano stati il golpe del 2013 contro il governo
della Fratellanza Musulmana, e il torbido omicidio del giornalista Khashoggi
consumato nel 2018 sul suolo turco, all’interno del consolato saudita a
Istanbul. Per puntellare l’economia Erdoǧan fa di tutto, e passa oltre pure su
prossime esplorazioni compiute dalla Qatar Petroleum per conto di Cipro. In
quelle Zone Economiche Esclusive fino a qualche tempo fa oggetto di
pattugliamenti della marina turca osannante la sua ‘Patria Blu’.
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