Haridwar, città indiana dell’Uttarkhand neanche tanto popolosa,
230.000 abitanti, è un luogo di grande spiritualità hindu con templi e un
fervore religioso nei ghat, le
scalinate in discesa verso l’acqua, illuminate di candele e pieni delle voci
gioiose d’intere famiglie riunite in preghiera. Le gigantesche statue dedicate
a Shiva, di cui la città è costellata, decorano la tappa finale del
pellegrinaggio Kumbh Mela che conduce
annualmente per il bagno rituale milioni di fedeli hindu sulle rive del Gange. Fin
qui l’hinduismo dei riti e delle preghiere che è sempre più pervaso, insidiato,
strumentalizzato da chi della fede vuol fare l’arma del proprio estremismo
politico. Proprio a Haridwar, dal 17 al 19 dicembre scorso, s’è svolto un
incontro chiamato Dharma Sansad, considerato
un Parlamento religioso. Dharma in hindi denota l’ordine morale, in senso lato la
virtù, eppure i dialoghi inanellati da taluni personaggi lì riuniti e
accomunati da un’oratoria faziosa, risultano nient’affatto virtuosi. Sacerdoti
hindu insigniti del ruolo di maestro hanno proposto, come usano fare da anni, concetti
violenti che avvantaggiano l’ala oltranzista del partito di governo, quella che
fa della dottrina dell’hindutva un
modello di razzismo e sopraffazione. Al meeting partecipavano esponenti del Bharatiya Janata Party pronti a chiamare
‘bastardi’ i musulmani ed esaltare la memoria di Nathuram Godse, l’assassino
del Mahatma Gandhi. Insomma un ambientino che definire fanatico è fargli un
complimento.
Ovviamente il premier Modi non si cura di questi particolari, visto
che la svolta ipernazionalista assunta dal partito gli consegna un potere
crescente e indiscusso. I suoi capibastone in tunica arancione si chiamano: Yati
Narsinghan, ordinato di recente capo
sacerdote del tempio di Dasna Devi a Ghaziabad nell'Uttar Pradesh. Probodhananda Giri,
assertore d’una minaccia per l’hindutva
che s’aggira anche nei templi della propria religione. Difenderne i princìpi
fascistoidi è indispensabile, e per farlo ordina alle coppie di fedeli di procreare
almeno otto figli, così da sopraffare demograficamente musulmani e cristiani.
Mentre Yogi Adityanath, da quando è premier dell’Uttar Pradesh ha moderato i
toni e propende per semplici ‘sputi in faccia agli islamici’. Commentatori
politici hanno messo in relazione la teorizzazione della denigrazione delle
minoranze religiose ripetutasi a Haridwar con le violenze rivolte ultimamente
ai cristiani (assalti a luoghi di culto e pestaggi a sacerdoti) sebbene l’anno
rosso sangue sia stato il 2020 con decine di vittime islamiche, colpite anche
nei luoghi di lavoro e nelle proprie abitazioni con incendi e devastazioni. Chi
studia il retroterra dell’ideologia hindutva
e alcuni dei suoi gruppi armati (Rashtriya
Swayamsevak Sangh, Viswa Hindu
Parishad, Hindu Jagram Manch) sostiene come il piano
per polarizzare la società indiana abbia intrapreso una strada senza ritorno.
Fra l’altro con l’impotenza dei maggiori partiti del Paese: Partito del
Congresso e Bahujan Samai Party di tendenze socialdemocratica e socialista, che
dovrebbero puntare il dito sulla quantità d’inadempienze governative riguardo a
prevenzione dalla pandemia, salute e disoccupazione.
Ma le tematiche religiose soppiantano i buchi neri sociali, si
discute su templi da costruire, proselitismo anti hindu, pericoli jihadisti,
mentre anche l’unica lotta che ha piegato il governo, quella dei contadini,
deve comunque fare i conti con quello che tante categorie di lavoratori, in
maggioranza hindu, hanno sotto gli occhi. Inflazione al 15%, che colpisce ancor
più i poveri, rincaro dei carburanti fra il 40 e il 50%. Questo nonostante una
ripresa che dall’estate a novembre ha portato i valori del Pil a crescere fino
all’8.4%. Eppure si tratta d’una ripresa fittizia, che può fermarsi, anzi in
certi settori produttivi la disoccupazione aumenta (+9%) e i consumi generali decrescono
del 7.7%. Gli economisti evidenziano come il colpo maggiore l’abbiano subìto micro
e medie imprese dove, peraltro, lavorano (è più corretto dire lavoravano) 110
milioni di persone. Un settore che finora ha costituito un terzo del Pil
nazionale, copre oltre il 90% della merce d’esportazione e dà da mangiare a
mezzo miliardo d’indiani. Non sostenerne la crisi può produrre non solo un
grave colpo all’orgogliosa avanzata economica della nazione, ma squilibri
sociali di portata epocale. Per ora, oltre Delhi oltre a registrare un mercato
competitivo rimpicciolito, consta d’uno spostamento di gente che ha perso il
lavoro urbano nelle campagne. Ma anche lì la prospettiva non è rosea. Studiosi
locali dell’Istituto economico dello sviluppo sostengono che il Paese avrebbe
bisogno di riforme e piani per una competizione globale, maggior impulso
tecnico e digitalizzazione. Ma in realtà manca un ceto dirigente preparato e
adeguato. Modi ha cooptato militanti politici e religiosi piazzandoli in ruoli
amministrativi di cui non sanno nulla. Loro se la prendono con le minoranze
religiose e additando capri espiatori, pensando così di svoltare la notte della
pandemia e della nullità di programmazione.
Nessun commento:
Posta un commento