Il recente annuncio della presidenza
egiziana sulla cancellazione dello "Stato di emergenza" è pura formalità. Lo
sottolinea una delle ong (Arabic Network
Human Right Information) che tuttora si batte per la difesa della libertà
di espressione in quel Paese. La mancata scarcerazione dei sessantamila
detenuti, l’abolizione del blocco a oltre seicento fra quotidiani online e siti
d’informazione rappresentano la ferita da sanare per una reale diversificazione
e trasformazione dell’orizzonte politico interno. Tutto il resto è pantomima.
Che piace al regime di Al Sisi, da quattro anni pienamente rientrato nel
panorama geopolitico globale grazie agli assist di potenze locali (Arabia
Saudita, Israele) e mondiali (Russia, con benestare di fatto di Cina e Stati
Uniti) attorno alle operazioni securitarie sul fronte libico e d’interessi
economici sul versante energetico. Questi coinvolgono Italia, Francia, Turchia
riguardo a giacimenti petroliferi e aree di gas sui fondali del Mediterraneo
orientale. Gli accordi per tali forniture prevedono scambi con armamenti
leggeri e pesanti, così da chiudere il cerchio sul ruolo di gendarme che la
lobby militare egiziana garantisce nel Mashreq alla comunità internazionale. La sospensione della legge per l’emergenza non
stabilirà un diverso clima né una protezione dei diritti davanti alle gravi
violazioni dei Servizi di Sicurezza, anche alla luce di quanto accade nel
Parlamento del Cairo totalmente addomesticato. Infatti le disposizioni e gli
scopi della legge sull’emergenza sono già stati inseriti in altre normative
adottate dal regime, realizzando quello che esperti della materia definiscono
“costituzionalizzazione dell’emergenza”. Insomma gli intenti coercitivi sono
integrati ai processi legislativi in un percorso che il governo propina ai
cittadini e che costoro, giocoforza, subiscono. Il modo di legiferare degli
ultimi tempi si è trasformato in senso così autoritario che criminalizza e
punisce anche per frasi e parole che sono soggette d’interpretazione vaga e
speculativa. In più ai Servizi di Sicurezza è garantita una palese impunità che
essi possono giungere a uccidere persone col pretesto che siano tacciate di spionaggio
e terrorismo. Eccoli, lampanti, il caso Zaky e l’omicidio Regeni che calzano
alla perfezione a questo schema. E con loro le disgrazie di decine di migliaia
di prigionieri e di centinaia di scomparsi, in tante circostanze senza volto e
nome.
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