L’India di Modi installa barriere d’acciaio, costruisce paratie di
cemento, distende lingue ferrose irte di spuntoni da venti centimetri per
fermare l’avanzata dei carri dei coltivatori. Tutta l’area periferica attorno a
New Delhi - da Ghazipur a Singhu - risulta ingabbiata a difesa dei palazzi del
potere. Dallo scorso novembre i contadini sono in lotta contro il governo che
ha varato una ‘riforma’ da essi giudicata dannosa per sé e la nazione. In questi
ultimi giorni le manifestazioni erano penetrate fin sotto luoghi
rappresentativi - come il Red Fort risalente all’era Mughal - e avevano lambito
la grande parata militare dei festeggiamenti del ‘Giorno della Repubblica’,
suscitando momenti di tensione anche sul palco delle autorità. A supportare la
repressione poliziesca c’era poi stata la reazione del popolo hindu, o per
meglio dire dei mazzieri della destra hindu a servizio del partito di regime (Bharatiya Janata Party). Questi hanno
attaccato gruppi di manifestanti, in gran parte appartenenti all’etnìa sikh. Ma
l’onda di protesta non s’affievolisce. Allontanati dal centro urbano le decine
di migliaia di agricoltori sono stati raggiunti da nuovi compagni di lotta provenienti
dall’Uttar Pradesh, Haryana e Punjab, gli Stati dove la rivolta è estesissima e
sentita, poiché la maggioranza della popolazione trae sostentamento dal lavoro
dei campi. Dall’altra parte la polizia afferma di difendere l’incolumità dei
cittadini di Delhi che risulterebbero intimoriti dalla massa rurale riversatasi
in città. Eppure le cronache non registrano violenze contro cose e persone,
solo l’assedio pacifico di luoghi simbolici o il tentativo di raggiungerli,
visto che ormai un vero cordone sanitario (non inteso come rivolto alla pandemia
di Covid-19) cerca di tenere isolati i turbanti variopinti degli agricoltori.
In fondo gli unici attacchi li hanno subiti loro: a
suon di bastone e lacrimogeni da parte delle forze dell’ordine, e di mazza dai
picchiatori hindu, scatenati per ore per via alcuni giorni fa. L’attuale stallo
e la volontà di protestare a oltranza s’accompagnano alla prassi governativa
che usa barriere di contenimento, fisse e mobili, con cui spera di
circoscrivere una lotta particolarmente coriacea e sentita. Si sono già
verificati casi di vero e proprio ingabbiamento degli agricoltori e dei loro
pesanti trattori fra enormi blocchi ferrosi collocati usando gigantesche gru.
Per impedire che i manifestanti documentassero sui social media queste
installazioni per un paio di giorni le comunicazioni del web sono state
rallentate o messe fuori uso. Samyukt
Kisan Morcha, l’organismo che riunisce varie associazioni della protesta,
sostiene che “non saranno l’isolamento e
la repressione a far smobilitare la lotta (finora si registrano centinaia
di arresti di contadini e anche di alcuni cronisti impegnati a documentarne
l’azione, ndr) il governo deve convincersi a ricevere i lavoratori e trattare”. L’accusa
è che le norme approvate in Parlamento aprano un’autostrada per la vendita al
dettaglio delle ciclopiche multinazionali alimentari (Walmart Inc e India’
Reliance Industries). Il ministro dell’agricoltura sostiene che le agenzie
statali continueranno ad acquistare prodotti base come riso e granaglie dai
singoli produttori, anche piccoli. Invece quest’ultimi son sicuri che tale
percorso verrà azzerato dalla super concorrenza privata che imporrà prezzi al
ribasso e metodiche a discapito d’un sistema in vigore da 72 anni, gli stessi
della Repubblica. L’unica mossa che l’esecutivo non sembra intenzionato a
compiere è riaprire un dibattito sulle contestate norme fatte approvare a
settembre in Parlamento.
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