martedì 2 febbraio 2021

Modi barrica la capitale contro la protesta contadina

L’India di Modi installa barriere d’acciaio
, costruisce paratie di cemento, distende lingue ferrose irte di spuntoni da venti centimetri per fermare l’avanzata dei carri dei coltivatori. Tutta l’area periferica attorno a New Delhi - da Ghazipur a Singhu - risulta ingabbiata a difesa dei palazzi del potere. Dallo scorso novembre i contadini sono in lotta contro il governo che ha varato una ‘riforma’ da essi giudicata dannosa per sé e la nazione. In questi ultimi giorni le manifestazioni erano penetrate fin sotto luoghi rappresentativi - come il Red Fort risalente all’era Mughal - e avevano lambito la grande parata militare dei festeggiamenti del ‘Giorno della Repubblica’, suscitando momenti di tensione anche sul palco delle autorità. A supportare la repressione poliziesca c’era poi stata la reazione del popolo hindu, o per meglio dire dei mazzieri della destra hindu a servizio del partito di regime (Bharatiya Janata Party). Questi hanno attaccato gruppi di manifestanti, in gran parte appartenenti all’etnìa sikh. Ma l’onda di protesta non s’affievolisce. Allontanati dal centro urbano le decine di migliaia di agricoltori sono stati raggiunti da nuovi compagni di lotta provenienti dall’Uttar Pradesh, Haryana e Punjab, gli Stati dove la rivolta è estesissima e sentita, poiché la maggioranza della popolazione trae sostentamento dal lavoro dei campi. Dall’altra parte la polizia afferma di difendere l’incolumità dei cittadini di Delhi che risulterebbero intimoriti dalla massa rurale riversatasi in città. Eppure le cronache non registrano violenze contro cose e persone, solo l’assedio pacifico di luoghi simbolici o il tentativo di raggiungerli, visto che ormai un vero cordone sanitario (non inteso come rivolto alla pandemia di Covid-19) cerca di tenere isolati i turbanti variopinti degli agricoltori.

 

In fondo gli unici attacchi li hanno subiti loro: a suon di bastone e lacrimogeni da parte delle forze dell’ordine, e di mazza dai picchiatori hindu, scatenati per ore per via alcuni giorni fa. L’attuale stallo e la volontà di protestare a oltranza s’accompagnano alla prassi governativa che usa barriere di contenimento, fisse e mobili, con cui spera di circoscrivere una lotta particolarmente coriacea e sentita. Si sono già verificati casi di vero e proprio ingabbiamento degli agricoltori e dei loro pesanti trattori fra enormi blocchi ferrosi collocati usando gigantesche gru. Per impedire che i manifestanti documentassero sui social media queste installazioni per un paio di giorni le comunicazioni del web sono state rallentate o messe fuori uso. Samyukt Kisan Morcha, l’organismo che riunisce varie associazioni della protesta, sostiene che “non saranno l’isolamento e la repressione a far smobilitare la lotta (finora si registrano centinaia di arresti di contadini e anche di alcuni cronisti impegnati a documentarne l’azione, ndr) il governo deve convincersi a ricevere i lavoratori e trattare”. L’accusa è che le norme approvate in Parlamento aprano un’autostrada per la vendita al dettaglio delle ciclopiche multinazionali alimentari (Walmart Inc e India’ Reliance Industries). Il ministro dell’agricoltura sostiene che le agenzie statali continueranno ad acquistare prodotti base come riso e granaglie dai singoli produttori, anche piccoli. Invece quest’ultimi son sicuri che tale percorso verrà azzerato dalla super concorrenza privata che imporrà prezzi al ribasso e metodiche a discapito d’un sistema in vigore da 72 anni, gli stessi della Repubblica. L’unica mossa che l’esecutivo non sembra intenzionato a compiere è riaprire un dibattito sulle contestate norme fatte approvare a settembre in Parlamento. 
 


 

 

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