Nel Paese dove ogni cosa
ha un valore, tranne la vita umana, il prezzo d’un rene dipende dal mercato e
dalle offerte. Certo è che presso un ospedale ormai specializzato in questo
genere di trapianti – New York Times
ne individua uno, Loqman Hakim di Herat, Afghanistan occidentale - l’uso di
organi estirpati da giovani corpi in demolizione per sopravvivere, diventa un
tragico ossimoro. La drammatica realtà esiste a svariate latitudini, l’India
per tutto un periodo deteneva una sorta di primato della disperazione. Seguita
da Pakistan e Filippine. E più la demografia s’accresce, più i miserabili finiscono
impigliati in un simile sūq. Il Sud del mondo, e quel mondo slabbrato dalla
geopolitica più funesta che ne travia l’esistenza, paga il conto più brutale.
Eppure nei dintorni della struttura di Herat che pratica tale mercimonio non
s’aggirano i ricchi del mondo ricco. Il rene è ceduto a concittadini mediamente
capaci di pagare il disgraziato venditore per salvare un congiunto gravemente
malato. Il prezzo oscilla dai 3.500 ai 4.500 dollari, meno che un viaggio della
speranza verso Occidente. In tal modo chi cede il prezioso organo vivrà
menomato, ma vivrà. Chi lo riceve potrà avere l’opportunità di sostenere una
condizione che poteva ulteriormente compromettersi. Col consenso di entrambi la
religione non pone ostacoli. Venditore e acquirente vengono ricoverati senza
che la struttura sanitaria chieda di più, tranne ovviamente i costi
dell’intervento che il compratore ha denaro sufficiente per pagare. Per
entrambi. I chirurghi non entrano nel merito, il business è una questione
privata, loro prestano un’opera professionale. Il traffico d’organi è vietato
ovunque, ma chi si muove in questi meandri, nei ruoli più diversi compreso quello
sanitario, sa che le scappatoie sono numerose come le possibilità di tenere in
piedi il percorso che può avere risvolti semplicemente commerciali, comunque
diverso dagli spregevoli crimini di rapimenti infantili e adolescenziali con
relativi sparizioni e omicidi. In Afghanistan si parla di “semplice” mercato. Dettato
dall’indigenza nera, passata dal 50 al 70% della popolazione, e dal degrado,
che la condizione in cui è ridotta la nazione con le sue guerre infinite e il
vuoto economico, portano in eredità. Senza futuro. In quei
villaggi, in quelle città esiste solo un presente colorato d’ocra come la
polvere che tutto avvolge anche nelle giornate d’aria ferma.
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