domenica 25 dicembre 2022

Emirato afghano, né studio né lavoro per le donne

 

Il buio sull’azzurrissimo cielo afghano arriva con una lettera. Fredda, tranciante, burocratica, simile a quelle degli organismi occidentali che i coranici dicono di voler abbattere. Viene dal ministero dell’Economia dell’Emirato e dice: le donne afghane non possono lavorare presso le Organizzazioni non governative, locali e straniere. Coinvolte almeno centottanta Ong che operano nel Paese. Alla richiesta di chiarimento da parte di alcune, il portavoce del mistero Abdulrahman Habib ha puntualizzato che è così fino a nuovo avviso. Per quanto s’è visto finora con altri divieti, sarà difficile che giunga una nota di cancellazione.  Non è chiaro se saranno comprese anche talune agenzie delle Nazioni Unite che risultano vitali per l’economia non da oggi disastrata della nazione dell’Hindu Kush. Ma al di là della ricaduta collettiva per le famiglie che spesso dipendono da quelle attività e da quegli aiuti - visto che né all’interno né all’estero interessa sviluppare una rete economica autonoma - c’è la condizione di milioni di donne, soprattutto ragazze cui viene proibito un’esplicita azione d’emancipazione segnata dal lavoro. Si tratta d’un raddoppio di una settimana nerissima con cui il governo talebano ha vietato in sequenza l’accesso alle università a migliaia di studentesse e ha poi rilanciato il divieto verso le Ong. Né diritto allo studio né al lavoro per un genere femminile che i turbanti vogliono soggiogato a un universo maschile miseramente ridotto alla frusta per chi si ribella, al terrore dei propri kalashnikov d’ordinanza o di clan,  all’osservanza di una Shari’a creata a dimensione dei mullah che la predicano senza alcun riferimento al Corano se non attraverso una lettura letterale, ristretta, meschinamente patriarcale. Nel Paese la chiusura d’ogni spazio per la componente femminile è galoppata velocemente dalla scorsa primavera. A marzo le scuole superiori erano già state vietate alle studentesse con l’alibi che non erano pronte le divise da distribuire agli istituti. Qualche tempo dopo Sirajuddin Haqqani fece la sua comparsa in pubblico da ministro della Difesa, passando in rassegna truppe che vestivano fiammanti uniforme fatte confezionare per l’occasione. La stoffa che mancava per le ragazze delle superiori era abbondante e vistosa per i militari. Solo un esempio del doppio binario adottato da un regime che al suo esordio, nell’agosto 2021, prometteva d’aver mutato registro rispetto alla gestione del ventennio precedente. Solo promesse, come quella d’una chiusura delle scuole per il citato motivo diventata da temporanea a permanente, che nascondono l’anima oscurantista di sempre: scacciare le donne non solo da ruoli istituzionali e professionali, ma ridurle a succubi dell’uomo. Solo a lui è consentito accedere al potere, nella società, in famiglia, finanche in strada. Per le donne nessuno spazio in Afghanistan.   

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