mercoledì 14 dicembre 2022

Marocco, quel che resta del sogno

 

Sicuramente l’impresa. Mai la madre Africa era salita così in alto nello sport storico del colonialismo. Certamente il coinvolgimento. Della Umma islamica e di quella società araba sempre solidale a parole, non sempre nei fatti. Basta chiedere ai palestinesi. Invece a Doha tutti a tifare rosso, e sebbene svanisce la magia della finale, fino a sabato è ancora accessibile l’ipotesi del podio. Se non sarà terzo posto, non sarà mai più terzo mondo. Nel calcio globalizzato sempre più uno vale uno, la nazionale maghrebina è cresciuta moltissimo e non ha timori reverenziali verso chicchessia. Il merito - dicono gli esperti - sta nell’Accademia del calcio di Salé, voluta dal sovrano modernizzatore come tante cose create in un decennio in quella che pare una dépendence della capitale, e che invece la Storia indica rivale di Rabat, nata da famiglie di moriscos spagnoli nel Seicento. Un movimento inverso da quello dell’VIII secolo che originò l’Andalus e il Califfato ommayde. L’immenso cantiere che per oltre un decennio ha plasmato l’estuario del Bou Regreg, il fiume che divide Rabat da Salé, ha avuto al centro quell’opera pubblica vanto di uno dei vari progetti del re: le linee del tram veloce, che salgono rispettivamente fino alla città universitaria della capitale e al quartiere Océan di Rabat lungo la Medina. All’inaugurazione del 2011 si seppe che la spesa dell’infrastruttura ammontava a un miliardo di euro. Ben spesi per la cittadinanza sotto i migliori auspici di Allah. E non importa se nel tragitto che fa salire i vagoni verso Rabat è stato espropriato il terreno dell’antico cimitero, ora diviso in due tronconi. Il complesso sportivo del miracolo del football, denominato come il monarca, è in un’area verde a otto chilometri dall’Atlantico. Finito, recinzioni comprese, per 13 milioni di euro è costato molto meno di tante magnificenze per il turismo iper stellato tirato su da holding interne e pure da altri fratelli di capitali, come l’ivoriana Addoha. Lì i giocatori sudano e faticano per far grande il Marocco, chi alloggia nelle lussuose ville e residenze della “Spiaggia delle Nazioni” non pensa a faticare neppure quando colpisce palline da golf sui manti erbosi con vista sulle Corniche e l’Oceano. La Salé reinventata per sognare è un gioiello come la nazionale che fa gioire.  

 

Il re modernizzatore e sognatore ha voluto tutto questo per offrire un’immagine splendida della nazione. Gli riesce bene evidenziare quanta solidarietà è presente nelle fondazioni che portano il nome suo e dei predecessori. Sulle orme della “Mohammed V” indirizzata a combattere povertà e offrire assistenza ai bisognosi sui temi di educazione scolastica, formazione e impiego, sostegno alla disabilità e alla salute, la “Mohammed VI” punta a migliorare le condizioni di vita delle famiglie e promuovere le professioni. Vanta trasparenza nella gestione dei servizi, controlli finanziari, accesso alle informazioni e nel Comitato Direttivo esisbisce ottime figure professionali, docenti e sindacalisti. Tutto attrattivo e democratico, nelle interviste del presidente Youssef El Bakkali si ricorda come la Fondazione “non ha scopo di lucro e rivolge le sue attenzioni, fra le altre, al settore sanitario prendendosi cura di un milione e mezzo di persone”. Ha partecipato alla recente Cop27 di Sharm El Sheikh con tanto di programma per la protezione dell’ambiente, e un progetto di decarbonizzazione energetica proprio nell’area di Rabat-Salé-Kenitra. Eppure accanto alla santificazione dell’operato sovrano se minimamente s’indaga su chi investe sull’energia rinnovabile, veicoli elettrici, oltre sull’ossessiva immobiliare c’è Marita Group, holding nella quale Moulay Youssef Alaoui, cugino di Mohammed VI e suo braccio destro in affari, è presidente onorario. Cosicché la dinastia con una mano offre assistenza, con l’altra incamera capitali investendo su una bellezza e comodità di cui non s’avvantaggia neppure il cittadino medio, figurarsi il miserabile delle bidonville tuttora in essere ai margini delle grandi città. Dove le nuove case non mancano, chilometro dopo chilometro lungo tutta la costa atlantica. Spesso sono abitazioni vuote e invendute e le immobiliari neppure si sfiancano per piazzarle. Hanno già intascato denaro proveniente da fidi bancari e hanno già guadagnato sulle costruzioni. Accade anche da noi, ma non è un buon viatico.

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