L’Iftar, il pasto serale che interrompe il
digiuno nel mese sacro del Ramadan, è un momento di convivialità di famiglie e
comunità. Nel caso mostrato dalle ‘immagini rubate’ ieri in occasione
dell’Iftar delle autorità e diffuse attraverso la catena dei social, si possono
osservare i saluti allegri e colloquiali fra il presidente al Sisi e un
politico noto nel periodo della sua presa del potere: Hamdeen Sabahi. Capo di
un partito denominato un decennio fa Corrente
Popolare di tendenze tardo nasseriane e co-leader del sedicente Fronte di Salvezza Nazionale, il blocco
che osteggiò pesantemente Mohammed Morsi eletto nel giugno 2012, Sabahi, più
dei liberali Moussa e El Baradei, da sempre collusi col potere conservatore del
mondo arabo che aveva prodotto presidenti come Sadat e Mubarak, diceva di voler
dare corpo alla coscienza critica della società egiziana. S’ispirava allo
spirito socialisteggiante di Nasser. In gioventù conobbe anche la reclusione
per dissidenza sotto Mubarak, quindi diede sostegno alla rivolta di piazza
Tahrir e corse per le presidenziali, nel 2012 e 2014. Ma a quel punto i giochi
erano fatti. Il Fronte di Salvezza
Nazionale era diventato il cavallo di Troia del ‘Consiglio Supremo delle
Forze Armate’ passate da Suleimani e Tantawi ad al-Sisi, che provava ad
abbattere il governo della Fratellanza Musulmana dopo che questa s’era imposta
alle politiche della primavera 2012 e al test presidenziale del giugno
seguente. Sabahi mise il suo faccione bonario, contro quello che risultava ‘antipatico’ di Morsi facendo
sue le posizioni più retrive del laicismo egiziano in diretta connessione con
la potentissima lobby militare. Caddero nella trappola anche spiriti liberi del
Movimento 6 aprile e tanti ‘cani sciolti’ della protesta che osteggiavano il
conservatorismo della Confraternita islamica. Ma da qui a fungere da servitori,
coscienti o meno, del disegno reazionario delle Forze Armate ce ne passava.
Eppure questo è accaduto. Associazioni per i diritti, sindacati della sinistra
riformista scelsero di sostenere un piano che li avrebbe fagocitati. Di lì a
poco i meno coperti fra loro, gli attivisti di base, finiranno addirittura
fucilati nelle piazze. Fra i primi accadde a Shaimaa al Sabbagh, colpita a
morte il 24 gennaio 2015, quando al Sisi rilanciava una repressione ossessiva e
soffocante, fatta di morte, prigione e paura diffuse. La tragica svolta non
scosse affatto uomini come Sabahi che hanno continuato a barcamenarsi in
politica, finché hanno potuto, fino a quando gli è stato permesso. Ovviamente
senza subìre la coercizione rivolta ai veri oppositori, anzi fungendo da alibi per
il regime egiziano, comprensivo e tollerante verso figure alternative. Di
alternativo il contestatore Sabahi in questi anni ha elaborato ben poco, anzi
ha cercato bonariamente di assecondare un nuovo raìs diventato uno spietato satrapo.
Da quel che mostrano sorrisi e strette di mano immortalati dai cellulari di chi
ieri era all’Iftar del regime, i
rapporti risultano davvero cordiali.
Nessun commento:
Posta un commento