Chi siano i responsabili da punire per il “tragico errore”
dell’abbattimento dell’aereo di linea ucraino, non è ancora chiaro. Quale sarà
la punizione è un enigma ancora più grosso. Evidentissimi i motivi scanditi in
un pubblico intervento dal presidente iraniano: “perché il mondo intero sta guardando”, “perché questo non è un caso come gli altri”, “perché chiunque debba essere punito, sarà punito”. E sarà un
Tribunale speciale con esperti e un giudice d’alto rango, promette Rohani, a
svolgere indagini ed emettere sentenze. Secondo quanto dichiarato da un
portavoce governativo ci sono già degli arresti, ma non trapela di più. La sua
informativa parla anche di alcune detenzione per manifestazioni definite “illegali”,
quelle che sono state riscontrate in diverse città e filmate anche con video
amatoriali postati su alcuni social media. Il governo le ha distinte da quelle
“legali”. Tutte però mostrano prevalentemente giovani adirati che ripetono
slogan, gridando “assassini” e “dimissioni”. Le nuove proteste rimbalzano sul
web, per ora non sono copiose né come altre già avvenute, né come quelle del
lutto nazionale per l’assassinio del generale Soleimani. Sono, però, vive,
presenti, coraggiose in un momento di altissima tensione, di sbandamento della
stessa componente dura e forte della politica interna (i pasdaran), di
difficoltà delle massime autorità del regime, dalla Guida Suprema al
presidente.
L’opposizione si chiede se l’ala dura dei Guardiani della Rivoluzione
si guarderà dal fare nuove vittime per via, e spera che la cittadinanza, pur
volendo difendere il Paese da ingerenze imperialiste, incrini il potere degli
ayatollah, fondamentalista e riformista, e punti a voltare pagina, a laicizzare
la nazione. Ma i laici conservatori, inquadrati fra i basij o meno, tale
separazione dalla ‘sfera protettrice’ del clero difficilmente potranno
praticarla. C’era stato un parziale precedente. Nel secondo mandato di
presidenza di Ahmadinejad una fazione basij ne sosteneva una tendenza non
proprio anticlericale ma un po’ antisistema (lui riceveva l’appoggio
dell’ayatollah Yazdi sul movimento Hojatiye
che con posizioni mistiche contesta l’affarismo capitalistico). Con questo
passo Ahmadinejad s’inimicò la Guida Suprema e incappò in una serie di accuse
di corruzione rischiò condanne e cadde in una sorta di congelamento politico. I
pasdaran rincararono la dose: fra il 2017 e 2018 accusarono l’ex presidente di
tramare contro il governo fomentando le proteste scoppiate in quella fase. Seppure
Ahmadinejad avesse il dente avvelenato per l’ostracismo ricevuto, il suo fronte
d’opposizione è uno, e magari non certo il più importante, al forte connubio
che dirige il Paese: ayatollah (conservatori e moderati) e Partito dei pasdaran.
Spezzarne la fitta rete d’intrecci e interessi economici, legati alle
fondazioni, ai rapporti diplomatici sul fronte politico-militare-geostrategico
mediorientale, anche nella difficile fase del rilanciato embargo non sembra
semplice. E’ la scommessa lanciata dall’opposizione, anche quella delusa che
aveva appoggiato Rohani, e che da due anni gli sta voltando le spalle.
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