Sembrerebbe giunta l’ora, se non della dipartita, poiché del tumore alla
prostata che affligge la Guida Suprema Ali Khamenei si discute da una dozzina
d’anni (fu dato per spacciato anche dopo aver subìto un’operazione nel 2014,
eppure il successore del Ruhollah Khomeini è ancora in vita coi suoi ottantuno
anni), ma dell’abbandono della massima carica della Repubblica Islamica. Questa potrebbe
venir dirottata al secondogenito Sayyid Mojtaba, cinquantunenne considerato
ancor più conservatore del padre. Finora non c’è nulla di certo, però alle
insistenti voci sul peggioramento delle condizioni di salute di Khamenei padre
s’aggiungono note di cronisti iraniani lanciate su Twitter di un suo allontanamento dalla politica attiva. Momentaneo?
Definitivo? A meno di misteri trascinati nel tempo, lo verremo a sapere. Con la
difficile fase politica in corso non sarebbe opportuno tenere un segreto su un tema tanto delicato.
La Guida Suprema è la più alta carica prevista dalla Costituzione iraniana,
viene eletta dall’Assemblea degli Esperti, ottantotto membri che durano otto
anni, la cui candidatura viene vagliata dal Consiglio dei Guardiani. Gli Esperti
possono addirittura revocare l’incarico della Guida, però quest’ultima ha il
potere d'approvare la loro presenza all’interno di quell’organo di elezione. Un
circolo vizioso di funzioni e controlli, contestato in alcuni periodi ma
rimasto tuttora inalterato. Inoltre, il Consiglio dei Guardiani è per metà
nominato dalla stessa Guida Suprema.
Vedremo, dunque, se l’Assemblea degli Esperti si esprimerà per una
sorta di “eredità” d’un ruolo di estremo potere nell’Islam sciita,
dove il padre della Rivoluzione Khomeini insisté per introdurre il principio
del velayat-e faqih che tanta importanza
riserva al clero. Nato anch’egli nella devotissima Mashaad, Mojtaba ha come tanti studiato teologia a Qom, ha combattuto giovanissimo nella guerra
contro l’Iraq ed è stato anche responsabile di truppe basij, la milizia paramilitare che continua a controllare la vita
politica interna al Paese. E’ stato vicino alla presidenza di Ahmadinejad, nella
prima amministrazione (2005) sostenuto anche dalla Guida Suprema che, invece, gli voltò le spalle non
tanto nella contestata fase dei brogli della rielezione del 2009, nelle quali Khamenei figlio gli rimase fedele, ma in un periodo seguente. Sotto la presidenza dell'ex sindaco di Teheran vennero alla luce sia la tendenza del cosiddetto “partito dei Pasdaran” di
voler virare verso un laicismo politico, mettendo da parte lo strapotere degli
ayatollah; ma soprattutto le implicazioni di Ahmadinejad, e del suo nume protettore
Meshab Yazdi, di dare spazio al movimento religioso Hojatiye, che esalta il misticismo dell’attesa del cosiddetto “imam
nascosto” mentre condanna il sistema finanziario dei capitali. L’oppositore di
Ahmadinejad e candidato riformista Karroubi, accusò esplicitamente Khamenei junior
di aver partecipato al “complotto” elettorale utilizzando un network attivato
per l’occasione.
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