lunedì 28 novembre 2022

Pakistan, talebani sul piede di guerra

 

Il capo dei Tehreek-i-Taliban Pakistan (TTP) annulla il cessate il fuoco concordato nello scorso giugno col governo di Islamabad e ordina ai militanti di organizzare attacchi su tutto il territorio nazionale. Perciò saranno immediatamente  indaffarati sul fronte anti terroristico i due generali (Asim Munir al vertice dell’Esercito e Shamshad Mirza, Capo di Stato maggiore) recentemente nominati dal premier Sharif e dal presidente Alvi. Mirza risulta particolarmente indigesto ai turbanti perché anni addietro s’era distinto per l’accanimento con cui li cacciava nel nord Waziristan. Era in corso l’operazione Zarb-e Azb con cui un precedente generale, Raheel Sharif (Mirza lo coadiuvava), ordinava ai suoi di applicare con zelo il motto “cerca, distruggi, ripulisci, mantieni” che fece migliaia di vittime ed evacuò dall’area  80.000 famiglie. I TTP non hanno dimenticato e nonostante le recenti aperture alla ricerca di patteggiamenti e accordi - un anno fa col governo di Khan, da maggio a ottobre con quello di Shehbaz Sharif - rievocano quei massacri. Ora che nessun tema sul tavolo delle trattative ha trovato sbocchi: non la fusione delle aree tribali (Fata) col Khyber Pakhtunkhwa e neppure la liberazione dei combattenti che la leadership richiedeva, i talebani decidono di riavviare i combattimenti. In un comunicato, ripreso dal quotidiano Dawn, i TTP denunciano che “In queste settimane una serie di attacchi non-stop sono stati lanciati dalle organizzazioni militari nel distretto di Bannu Lakki Marwat, di Dera Ismail Khan, Tank, Sud e Nord Waziristan”. Avvertono che non staranno a guardare e gli agguati riprenderanno. 

La presenza alla loro testa di Noor Wali Mehsud, che nel 2018 rimpiazzò Khalid Mehsud eliminato da un drone americano, potrebbe risultare meno cruento delle pratiche adottate un decennio fa. Il quarantaduenne Noor Wali è uomo di studio e d’azione, ha unito formazione teologica nelle madrase e militare sui campi di battaglia afghani, dove ha guerreggiato contro Massud a fine anni Novanta. Ma quando prese il comando della struttura frazionata e rissosa, ribadì che il nemico era lo Stato pakistano non la gente comune, dunque gli obiettivi dovevano essere i militari, non i loro figli. Il riferimento alla strage di Peshawar del 2014 - quando la scuola per familiari di graduati dell’esercito subì un sanguinosissimo assalto da parte dei Tehreek che costò la vita a 134 allievi - era palese. Eppure Noor Wali non ha il cuore tenero, la sua presenza a Karachi un decennio addietro l’ha visto fautore e organizzatore d’una catena di rapimenti di commercianti e imprenditori per autofinanziare il gruppo. Non tutti finirono senza spargimento di sangue. L’attuale timore del ceto politico pakistano, condizionato dalla lobby militare e al tempo stesso bisognoso del suo aiuto, è che i generali possano lanciare ulteriori offensive taglienti su talebani e loro congiunti, come la citata Zarb-e Azb, che innescano le ritorsioni già vissute. Il ministro dell’Interno dichiara di temere pure le frequenti scissioni dei TTP che generano fughe di nuclei non ortodossi difficilmente classificabili e controllabili. Le fuoriuscite maggiori s’erano verificate nei mesi del cambio della leadership, quando parecchi militanti avevano scelto di unirsi allo Stato Islamico del Khorasan e al nucleo fondato da Hafiz Gul Bahadur (anche lui ucciso da un drone) per attuare azioni terroristiche, senza un dettagliato piano.

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