sabato 5 novembre 2022

Attentato Khan: da leader a eroe

 

Cosa produrrà il ferimento, per fortuna lieve, dell’ex premier pakistano Imran Khan? Il temuto bagno di sangue che la ‘lunga marcia’, com’egli stesso definiva l’ennesima protesta itinerante con cui s’avviava assieme a decine di migliaia di sostenitori verso i Palazzi di Islamabad, doveva essere esorcizzato dal tratto pacifico della contestazione. Il leader del Pakistan Tehreek-e Insaf s’era speso, mostrandosi al tempo intransigente e moderato. Col primo approccio non voleva lasciar cadere l’onta con cui una Corte l’accusava di favori ricevuti, proprio lui che della lotta alla corruzione s’era fatto interprete per un riscatto politico nazionale con cui aveva vinto le elezioni nel 2018. La condanna che gli impediva di partecipare a nuovi agoni elettorali era poi ritirata, ma non gli bastava. Khan chiede all’attuale esecutivo di misurarsi alle urne, anticipando le elezioni politiche programmate per l’aprile 2023. La sua moderazione alloggia nel senso di giustizia, presente nella sigla del movimento che ha fondato, con cui non vuol praticare una protesta violenta. Seppure durante la prima marcia, a primavera, i suoi avessero subìto attacchi dalle forze dell’ordine, ai quali attacchi l’ex premier intimava di non rispondere. Ora è accaduto l’imponderabile: un giovane ha sparato a Khan ferendolo a una gamba.  L’aggressore è stato fermato e disarmato, il leader soccorso e ricoverato. Per fortuna senza gravi conseguenze. Però il clima è rovente. Per tutta la giornata di venerdì i militanti del PTI hanno pregato, mentre il gruppo dirigente si consultava per le strategie da seguire.  

 

I legali del partito hanno esaminato le carenze delle misure di sicurezza in base alle leggi vigenti, è un’accusa diretta al premier Sharif, al ministro dell’Interno Sanaullah, al responsabile dell’Intelligence Naseer. Valutando l’accaduto si può ipotizzare che Khan sia vivo per puro caso, dovuto all’imperizia nell’uso dell’arma da parte dell’attentatore? Oppure, al contrario, si può pensare che lo sparatore fosse abilissimo e avesse deciso di dare un “avvertimento” all’ex premier. L’ha compiuto in solitaria, da avversario di Khan, o è manovrato dai Servizi? Quest’ultimi quando vogliono spiazzare e spezzare la politica nazionale sanno essere tragici dispensatori di morte, accadde a Benazir Bhutto deflagrata nel dicembre 2007 in un attentato di matrice statale. Proprio le polemiche che il leader del PTI s’è trovato a vivere con la lobby militare, inizialmente suo sponsor a un certo punto sua avversaria, lascia dubbi sull’origine di quest’avvertimento a Khan che potrebbe “rinunciare” al braccio di ferro elettorale. Ne trarrebbero vantaggio i due tradizionali blocchi: la Lega Musulmana-N attualmente al governo, il Partito Popolare, entrambi in crisi di leadership e consenso, ma di fronte a paura generalizzata e crisi economica crescente nella possibilità di risalire la china. L’incognita sta nella massa di sostegno ai Tehreek-e Insaf, un partito con dieci milioni di militanti e sedici milioni e mezzo di elettori, che pur fra i grandi numeri del Paese non sono roba da poco. Se Khan non indietreggia né smonta la contestazione la tensione è destinata a crescere e l’incolumità pure. Per la gente comune e gli stessi leader.

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