venerdì 24 giugno 2022

Afghanistan, terremoto socio-economico e geologico

A osservarle in foto le poche case di fango e pietra, miracolosamente scampate alle scosse dell’ultimo terremoto afghano nell’area sismica di Paktika, non differiscono da quelle viste di persona un decennio fa dentro Kabul. Sì, in una zona neppure tanto periferica della capitale c’era un accampamento di sfollati dalla provincia di Parvan che viveva in case di fango e pietra. Stamberghe simili ai tuguri squassati due giorni fa da un terribile sisma. Erano profughi interni scappati dai bombardamenti a tappeto della Nato. Ora – scrivono i pochi corrispondenti di agenzie giunti sul posto – chi scava con le mani fra le macerie con gli occhi colmi di lacrime per il dolore, la disperazione, la polvere teme due immediati spettri: la fame e il colera. Con le carenze alimentari la popolazione afghana sta facendo i conti da mesi, visto che gli aiuti internazionali con cui l’Occidente, prima dei talebani, hanno pelosamente condizionato quel popolo sono stati interrotti. Il motivo è noto: bisognava punire l’Emirato fondamentalista e misogeno. Di fatto si sta colpendo un popolo, comprese le madri e i tanti figli da sfamare. Tutto ciò segue il soffocante ventennio di occupazione militare che ha pianificato, in compagnìa d’un ceto politico locale imbelle e corrotto, l’agonia della nazione. Per rendere schiavo un popolo basta farlo sopravvivere di “aiuti” che vanno e vengono secondo come si voglia condizionarlo. L’imperialismo lo fa in molte aree del mondo, in Afghanistan di più. I numeri del disastro crescono: più di 1.000 i morti, più di 3.000 i feriti e se non si farà in tempo a estrarne altri da sotto travi, pietre e polvere le vittime son destinate a salire. I talebani hanno mosso qualche elicottero, pochi, viste le loro incompetenze tecniche, fino a un anno fa gli elicotteri Nato e dell’Afghan National Forces al più li bersagliavano coi razzi. Si sono mosse sette ambulanze di Emergency, ma le strade già impercorribili sono anch’esse spaccate come le case. Racconta un servizio della Bbc che ha intervistato familiari rientrati dal confine pakistano dopo il cataclisma: hanno constatato solo dolore, morti sorelle e parenti prossimi. 

 

Al lutto stretto tanti afghani sono abituati, tre generazioni hanno conosciuto lo strazio delle bombe dal cielo e da terra, quelle americane, dei warlords, dei talebani, ultime dell’Isis Khorasan. La bomba che viene dal cuore della Terra è l’insidia imprevedibile, che certo lacera maggiormente poiché slabbrata e abbandonata è la vita in quelle latitudini. Le scarse carovane di soccorso trovano in ogni villaggio, persone disperate che mostrano la devastazione, e non sanno come proseguire. Senza aiuti, piuttosto che morire lì, varcheranno le montagne fisiche e di una sedimentata disperazione. Migreranno in tanti. Più di coloro che nello scorso agosto volevano fuggire dai taliban. Quest’ultimi, coi ministri preposti a quel che non sanno né possono fare hanno scoperto le nudità, chiedendo ogni sorta d’aiuto umanitario. Loro non sono in grado a fornirne uno degno di questo nome. Certamente sono inadatti a governare, ma non ascoltarne le necessità vorrebbe dire peccare di cinismo in misura maggiore della loro sete di potere e della presunzione che li hanno finora contraddistinti. Chi aiuta chi? può chiedersi l’evanescente comunità internazionale azzerata dalla geopolitica che da mesi sta praticando l’embargo a un Paese che soffre la fame. Ieri le Nazioni Unite hanno messo su una riunione straordinaria per quest’emergenza, Ramiz Alakbarov, responsabile locale dell’Unama ha lanciato il suo grido: “Gli attori umanitari si mobilitino, serve tutto: equipaggiamento di trasporto e scavo, ambulanze,  nuclei medici, medicine”. I mesi scorsi hanno conosciuto restrizioni continue di materiale e fondi, una ritorsione contro la politica coercitiva verso le donne praticata dall’Emirato. Voci raccolte da Tolo Tv, che ha subìto anch’essa l’obbligo di velo alle conduttrici, ribadiscono l’oppressione di diritti femminili e all’istruzione ma per salvare vite umane invitano a mettere da parte ostracismi e fornire i soccorsi primari.  Qualcuno ascolterà?

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