Ieri il Bharat Bandh, lo sciopero dell’intero Paese indiano, ha semiparalizzato la circolazione dei treni: oltre seicento cancellazioni. Nei giorni precedenti in alcune località i treni erano andati a fuoco sotto la rabbiosa protesta giovanile contro il cosiddetto “programma Agnipath” un nuovo coniglio uscito dal cappello del mago Modi. Il premier prima di lasciare l’incarico – accadrà alle elezioni del prossimo anno alle quali non potrà ripresentarsi – ha deciso di alimentare le tensioni nel Paese. Dopo quella sociale scatenata dalla legge di riforma agraria, contro cui erano insorti i contadini, peraltro vittoriosi con tanto di ritiro delle misure, e quella sulla cittadinanza da offrire ai profughi, purché non di religione musulmana, tuttora in vigore, il governo ha introdotto un nuovo sistema di reclutamento militare. Riguarda i tre corpi: esercito, marina, aviazione sottorganico da tre anni, visto che l’ultimo inserimento risale al 2019. La pandemia di Coronavirus ha bloccato per un triennio i reclutamenti, mentre i congedi a riposo non si sono fermati, perciò le Forze Armate necessitano di forze fresche. Così si aprono i cancelli delle caserme per giovani, uomini e donne, dai 17 anni e mezzo ai 23. In un Paese strapopolato, afflitto peraltro dalla crisi economica post pandemia, vestire la divisa continua a essere il sogno di molti. Però con questo piano la sicurezza “lavorativa” non rimane quella d’un tempo, quando l’arruolamento durava un minimo di quindici anni e garantiva una pensione. In Agnipath, le reclute chiamate Agniveers, servono per un quadriennio, dopo il quale potranno effettuare domanda ed essere inquadrate in un corpo, ma verrà scelto solo un 25% del totale, per gli altri addio a posto fisso e pensione. I quattro anni di servizio non daranno diritto a quiescenza, saranno liquidati in maniera forfettaria con 11,7 lakh rupie (poco più di 14.000 euro). E arrivederci. I corpi militari già da qualche tempo avevano ridotto i reclutamenti: da 71.800 del 2015 a 53.400 del 2018, nel 2019 per far fronte alla piaga della disoccupazione il ministro delle Difesa aveva riaperto le porte, aggregando 80.572 soldati. Ora si fa marcia indietro, e soprattutto si cambiano le regole, dunque chi dedica un quadriennio alla leva non è detto che potrà rimanere a servire lo Stato. Molti ragazzi indiani non ci stanno e da una settimana (la legge è stata presentata in parlamento il 14 giugno scorso) hanno avviato una protesta che ha assunto toni sempre più duri. Il 16 e 17 giugno scorsi le proteste correvano dal Bihar all’Uttar Pradesh con danneggiamenti pesanti ai mezzi di trasporto pubblici e privati, arresti (rispettivamente di 325 e 250 manifestanti) e anche un morto colpito dal fuoco della polizia accorsa a sedare le violenze. Che, dopo tre giorni di cortei più o meno pacifici, possono riprendere nelle prossime ore. Il malcontento coinvolge i gruppi d’opposizione - il Partito del Congresso chiede il ritiro del piano, il Partito Samajwadi lo definisce negligente e fatale, il Partito Comunista sostiene che lo ‘schema’ non rende un servizio alla nazione. Anche un’ala del movimento hindu è critica, un suo organo di stampa ha tuonato contro questa sorta d’impiego contrattuale che svilisce il codice d’onore cui il militare è legato, tutto viene finalizzato al semplice risparmio economico. Dubbiosi o fortemente contrari generali e ufficiali in pensione che hanno dichiarato alla stampa: “speriamo non ci siano conflitti, un uomo in servizio a tempo determinato non può dare la sua vita”.
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