Riemergono con tutto il
contorno di squallida violenza episodi del cosiddetto bacha bazi (gioco coi bambini), un’antica consuetudine che in
Afghanistan, come in ampie fasce del Grande Medio Oriente, diventa una pedofilia
istituzionalizzata, e di per sé una schiavitù sessuale. Purtroppo la pratica è
tuttora presente, difesa e diffusa da uomini di potere, economico e istituzionale.
Questi costringono bambini e adolescenti a indossare abiti femminili, li fanno
danzare e, spesso fra gli scherni, abusano di loro. Nonostante negli ultimi
tempi ci sia una legge che reprime tali comportamenti la diffusione è ampia. Il
riferimento al bacha bazi è tornato
alla cronaca per le conseguenze d’una violenza che ha messo in subbuglio un
villaggio meridionale afghano, Karezak, provincia di Kandahar. Lì il tredicenne
Naseebullah Barakzai discute con un coetaneo che, per prendere dei melograni da
un albero di proprietà dei Barakzai aveva tranciato alcuni rami. I due
s’azzuffano, Naseebullah spinge l’altro a terra. Dopo due giorni i genitori trovano
il corpo senza vita di Naseebullah, il cadavere mostra segni di violenza fisica
e sessuale. Sospettano del locale capo della polizia, Roozi Khan, già noto per
aver ordinato e praticato crimini del genere. Così la famiglia della vittima,
sostenuta da una folla di abitanti del villaggio, organizza una marcia sino al
comando poliziesco nel capoluogo e addita il luogotenente Khan quale mandante del
delitto. La madre e il fratello del ragazzo ucciso accusano un gruppo di agenti
al servizio di Khan per rapimento, percosse e stupro, contro una versione
poliziesca che afferma come il ragazzo sia caduto da un tetto. Ma un medico
ospedaliero, esaminando il corpo di Naseebullah, denuncia ferite interne frutto
di abuso sessuale. Nonostante a Doha si discuta d’una prossima pacificazione e
riorganizzazione dell’Afghanistan, la realtà di molte province è contrassegnata
da simili sopraffazioni, attuata da sedicenti tutori dell’ordine. La famiglia
Barakzai ha inviato al presidente Ghani una richiesta di giustizia “in nome
dell’Islam”. A nome delle istituzioni il governatore di Kandahar risponde che
nessun rappresentante dello Stato si pone al di sopra della legge. Ma sia in
casi simili, sia nell’utilizzo del bacha
bazi da parte delle forze dell’ordine o di potenti privati si richiama la
“tradizione” per minimizzare atroci violenze. La gente sa: chi può pagare o ha
prossimità col potere riesce a evadere qualsiasi applicazione della legge. Lo
ammettono con rammarico gli attivisti d’una Commissione per i diritti umani
insediata a Kabul e lo confermano i tanti soggetti bloccati da paura e minacce.
Circa un anno fa s’era verificato un ennesimo torbido episodio che coinvolgeva
un gruppo “a difesa dei bambini” nell’area di Logar. Ben 165 scolari risultavano
abusati da una ventina di adulti che avrebbero dovuto tutelare i bambini. Erano
presidi, insegnanti, agenti di polizia, quattro di loro sono sotto processo.
Egualmente nel mese di luglio alcuni militari delle Forze di sicurezza afghane
sono stati incarcerati per percosse e stupro di adolescenti, l’episodio è
accaduto in una caserma nella provincia settentrionale di Takhar. In varie circostanze
commissioni investigative messe su dal governo di Kabul hanno costatato precise
responsabilità che raramente producono condanne. Chissà se la sollevazione
popolare di Karezak darà una scossa al machismo pedofilo che tuttora giustifica
il "gioco coi bambini".
Nessun commento:
Posta un commento