venerdì 9 ottobre 2020

Afghanistan, eterni crimini sessuali

Riemergono con tutto il contorno di squallida violenza episodi del cosiddetto bacha bazi (gioco coi bambini), un’antica consuetudine che in Afghanistan, come in ampie fasce del Grande Medio Oriente, diventa una pedofilia istituzionalizzata, e di per sé una schiavitù sessuale. Purtroppo la pratica è tuttora presente, difesa e diffusa da uomini di potere, economico e istituzionale. Questi costringono bambini e adolescenti a indossare abiti femminili, li fanno danzare e, spesso fra gli scherni, abusano di loro. Nonostante negli ultimi tempi ci sia una legge che reprime tali comportamenti la diffusione è ampia. Il riferimento al bacha bazi è tornato alla cronaca per le conseguenze d’una violenza che ha messo in subbuglio un villaggio meridionale afghano, Karezak, provincia di Kandahar. Lì il tredicenne Naseebullah Barakzai discute con un coetaneo che, per prendere dei melograni da un albero di proprietà dei Barakzai aveva tranciato alcuni rami. I due s’azzuffano, Naseebullah spinge l’altro a terra. Dopo due giorni i genitori trovano il corpo senza vita di Naseebullah, il cadavere mostra segni di violenza fisica e sessuale. Sospettano del locale capo della polizia, Roozi Khan, già noto per aver ordinato e praticato crimini del genere. Così la famiglia della vittima, sostenuta da una folla di abitanti del villaggio, organizza una marcia sino al comando poliziesco nel capoluogo e addita il luogotenente Khan quale mandante del delitto. La madre e il fratello del ragazzo ucciso accusano un gruppo di agenti al servizio di Khan per rapimento, percosse e stupro, contro una versione poliziesca che afferma come il ragazzo sia caduto da un tetto. Ma un medico ospedaliero, esaminando il corpo di Naseebullah, denuncia ferite interne frutto di abuso sessuale. Nonostante a Doha si discuta d’una prossima pacificazione e riorganizzazione dell’Afghanistan, la realtà di molte province è contrassegnata da simili sopraffazioni, attuata da sedicenti tutori dell’ordine. La famiglia Barakzai ha inviato al presidente Ghani una richiesta di giustizia “in nome dell’Islam”. A nome delle istituzioni il governatore di Kandahar risponde che nessun rappresentante dello Stato si pone al di sopra della legge. Ma sia in casi simili, sia nell’utilizzo del bacha bazi da parte delle forze dell’ordine o di potenti privati si richiama la “tradizione” per minimizzare atroci violenze. La gente sa: chi può pagare o ha prossimità col potere riesce a evadere qualsiasi applicazione della legge. Lo ammettono con rammarico gli attivisti d’una Commissione per i diritti umani insediata a Kabul e lo confermano i tanti soggetti bloccati da paura e minacce. Circa un anno fa s’era verificato un ennesimo torbido episodio che coinvolgeva un gruppo “a difesa dei bambini” nell’area di Logar. Ben 165 scolari risultavano abusati da una ventina di adulti che avrebbero dovuto tutelare i bambini. Erano presidi, insegnanti, agenti di polizia, quattro di loro sono sotto processo. Egualmente nel mese di luglio alcuni militari delle Forze di sicurezza afghane sono stati incarcerati per percosse e stupro di adolescenti, l’episodio è accaduto in una caserma nella provincia settentrionale di Takhar. In varie circostanze commissioni investigative messe su dal governo di Kabul hanno costatato precise responsabilità che raramente producono condanne. Chissà se la sollevazione popolare di Karezak darà una scossa al machismo pedofilo che tuttora giustifica il "gioco coi bambini".

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