lunedì 16 marzo 2020

Hambastagi: “Il processo di pace non ha relazione col rilascio dei taliban”



Ashraf Ghani avrebbe formato una delegazione di una decina di persone per avviare i colloqui inter-afghani. Per ora non trapelano nomi, si sa soltanto che non ci sono rappresentanti di partiti e movimenti. Sarà anche per questo che immediato è giunto il disconoscimento della sua già scarsa autorità. Due figuri della politica interna come Hekmatyar del partito Hezb-e Islami e Noor di Jamiat-e Islami hanno rispettivamente fatto dichiarare dai portavoce: “Il presidente ha fallito nel creare politiche di consenso per la leadership del processo di pace e per istituire una delegazione” e “Nessuno può sedersi coi talebani e difendere i diritti del popolo”. Ciò vuol dire che la fronda interna al percorso di Ghani s'allarga, aggiungendo altri elementi all'auto proclamato antipresidente Abdullah. Ma nella gara delle dichiarazioni, il rappresentante del presidente ha rassicurato: “La formazione della delegazione è in corso, a breve si potrà procedere con l’avvio degli incontri”. Occorrerà vedere se la diplomazia talebana accetterà questo percorso, perché oltre al riconoscimento degli interlocutori, che non riconoscono né ufficialmente né formalmente, c’è di mezzo la questione del rilascio dei loro prigionieri nelle mani del governo di Kabul. L’escamotage di offrire 1500 scarcerazioni scaglionate, lanciata nei giorni scorsi da Ghani, è stata inizialmente rifiutata dai turbanti. Qualche osservatore sostiene che i “coranici”, per non far saltare l’intero castello delle trattative lungo ormai venti mesi, potrebbero anche adottare una linea più morbida. Però il ma è d’obbligo. I talib si sono anche riferiti all’emergenza sanitaria mondiale del Covid-19 per ricordare che uno sfoltimento della popolazione carceraria è opportuno visto che il governo non ha i mezzi per sostenere l’impatto epidemico in prigioni che sono, comunque, sovraffollate. Non è chiaro se il pronunciamento fosse generale o interessato e riferito solo ai propri prigionieri. In ogni caso mirava a rilanciare il concetto dei cinquemila subito fuori. Ma fra i politici c’è chi si esprime decisamente contro questa misura degli accordi. Il partito di attivisti democratici Hambastagi in una manifestazione tenutasi domenica nella capitale ribadiva che la liberazione dei combattenti islamici è un passo falso. “Il processo di pace non ha alcuna relazione col rilascio dei taliban” ha affermato un membro del partito, mentre la portavoce Selay Ghaffar rincarava “L’Afghanistan non conoscerà la pace con quest’accordo segreto”. La popolazione ne è cosciente, non ha la forza per imporlo. Così la partita resta aperta e gli interessi di parte continua a contare più della vita della gente e del loro futuro.

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