Riempire i 290 seggi del Majlis, il Parlamento
iraniano, rientra nella normale turnazione elettorale che prevedeva per oggi la
scadenza di voto. Cinquantotto milioni di elettori, di cui almeno tre milioni
alla prima esperienza nei seggi, dovevano scegliere fra le candidature che
hanno superato il vaglio del Consiglio dei Guardiani, da sempre formato da
uomini prossimi alla Guida Suprema. Anche in tale circostanza la “scrematura”
ha eliminato gran parte dei rappresentanti riformisti che provavano a superare
le maglie della supervisione di un organo fortemente controllato dalla
componente conservatrice vicina ad Ali Khamenei. Alla competizione erano
iscritti 7.000 candidati, con una bassa presenza femminile pari al 6.6%. Nei
55.000 seggi predisposti per il voto l’affluenza è risultata scarsa. Alcuni
osservatori parlano di apatia verso un panorama rimasto sotto il controllo del
governo, compreso il presidente Hassan Rohani che molte aspettative ha deluso e
che l’anno prossimo chiuderà il secondo mandato. Dopo le ondate di protesta con
cui, in più occasioni, s’è misurato il Paese per motivi economici, compresa la
galoppante inflazione e l’aumento del prezzo del carburante; quindi la nuova
crisi geopolitica con gli Usa per l’assassinio del generale Soleimani, le
polemiche sull’abbattimento dell’aereo di linea ucraino da parte del servizio
di sicurezza dei Pasdaran, ci si aspettava più che nuove contestazioni un
dissenso silenzioso.
Pare sia andato così. Sebbene molte figure pubbliche si siano spese
per invitare il popolo a recarsi alle urne, dal Khamenei che ha ricordato i
valore religioso del voto, allo stesso Rohani che ne sottolineava quello
politica volto a rintuzzare la boria statunitense. Anche taluni parlamentari
uscenti hanno ribadito come la gente doveva esprimere negli stessi seggi
quell’afflato mostrato con le grandi manifestazioni di massa registrate in
occasione dei funerali di Soleimani e nel 41° anniversario della Rivoluzione
Islamica. Però i fatti sembrano smentirli. Certamente i risultati finali
porteranno nell’aula i rappresentanti del popolo iraniano, ma a essere
rappresentato sarà un pezzo del Paese, quello che elegge i candidati più
conservatori, i cosiddetti falchi, molto più numerosi dei centristi della
corrente di Rohani, fortemente in ribasso. Come detto, le candidature
riformiste erano assenti. Quell’area evidenzierà il dissenso col mancato accesso
ai seggi dei propri elettori. Ma viene ricordato che sulla scarsa affluenza alle urne ha pesato non poco
il fantasma del coronavirus. Materializzatosi nei giorni scorsi a Qom con due
casi finiti con altrettanti decessi. In più sono state registrate altre tre infezioni,
due sempre a Qom, un’altra ad Araq e riguarda un medico. Dalle autorità sanitarie
si è appreso che i due deceduti non avrebbero avuto contatti con persone che si
erano recate in Cina, né con stranieri di qualsiasi nazione. Cosa che, fra i
vari misteri del Covid-19, potrebbe far presupporre lo sviluppo d’un focolaio interno. E’ un simile timore che ha tenuto a
casa tanti potenziali elettori? Talune notizie lo smentiscono, visto che, finora,
proprio a Qom caffè e locali risultano frequentati.
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