Pomeriggio di sangue a Teheran, in pieno
centro. Mentre rientrava verso casa sulla sua auto, presso Mojahedin-e-Islam Street,
è stato assassinato con cinque proiettili Hassan Sayad Khodaei, un colonnello
dei Pasdaran.
L’uomo era un responsabile di alto rango di Quds Force, secondo alcune fonti, aveva rimpiazzato Qassem Soleimani
alla guida del reparto d’élite. La dinamica dell’agguato: rapida comparsa d’una
moto dalla quale sono stati esplosi i colpi, ricorda gli attentati messi a
segno contro sei ingegneri impegnati nel programma nucleare iraniano all’epoca
della presidenza di Ahmadinejad. E quello più recente nel novembre 2020 con cui
venne eliminato lo scienziato Mohsen Fakhrizadeh, secondo Israele cervello dell’arricchimento
dell’uranio per la fabbricazione dell’arma atomica. Per quegli omicidi i
sospetti sono tutti rivolti al Mossad. Il comunicato ufficiale dell’Islamic Revolutionary Guard Corps,
diffuso anche dalla tivù di Stato, parla di attacco terroristico da parte di
nemici della rivoluzione. La vittima è indicata come un martire proteso alla
“difesa del santuario” che nel politichese locale, neppure tanto criptico, fa
riferimento all’impegno delle forze speciali iraniane in Siria e Iraq. L’assalto
al colonnello avviene in un momento in cui l’Iran è nuovamente attraversato da
proteste di piazza infiammate dal crescente carovita. La crisi nel reperimento
dei cereali che si riversa pesantemente in Medioriente, trova nel Paese
ulteriori difficoltà anche per altri generi alimentari primari, l’olio su
tutti, e va ad aggiungersi a un’inflazione che negli anni dell’embargo occidentale
ha fatto salire alle stelle l’inflazione con una svalutazione del riad dell’80%
sul dollaro americano.
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