Torna il burqa, non volontario ma
obbligatorio dice il portavoce della guida talebana Haibatullah Akhundzada e la
sterzata al fondamentalismo formale e sostanziale diventa completa. Da mesi la
condizione femminile subiva restrizioni: l’accompagnamento maschile
obbligatorio per via, la limitazione chilometrica agli spostamenti entro un
raggio di 45 miglia erano stati segnali in aperto contrasto con le
rassicurazioni estive dei vertici dell’Emirato propensi a un nuovo corso rispetto
al loro precedente governo. Bugie. La verifica c’è stata alla riapertura delle
scuole dopo la pausa invernale. Il ministero dell’Istruzione accampava
pretesti: non sono giunte le divise, le studentesse non possono entrare in
classe senza uniforme. Ora forse non rientreranno neppure con la stuola blu che
le copre dalla testa ai piedi, perché il machismo talebano vuole impedirne
libertà di vestiario, di movimento, di apprendimento. La donna torna in casa,
prigioniera della famiglia patriarcale orientata secondo pastunwali e Shari’a. Il
decreto diffuso stamane d’indossare il burqa per donne e giovani le rimette in
condizione subordinata come accadeva a metà anni Novanta. E perché la nuova
regola abbia immediata attuazione i maschi di casa diventano i primi
controllori della misura misogena. Dovranno rispondere in prima persona con
fermo e arresto se mogli, figlie, madri, parenti saranno sorprese da controlli
del ministero della Virtù e Prevenzione del Vizio prive del niqāb locale, che
copre anche il volto. E’ l'orientamento più reazionario del gruppo dei taliban
afghani a spingere per la reintroduzione di tale misura, rispetto ai turbanti
mostratosi finora più tolleranti. Naturalmente può esserci un gioco delle
parti, dunque anche i Mujahid e Baradar qualora le promesse passate fossero
state vere, a compattarsi sull’ordine oscurantista del mullah diventato Guida Suprema. Che torna
pesantemente a limitare gli sguardi e gli orizzonte femminili da Kabul alle
periferie.
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