
L’Italia
patriottica della produzione bellica non vuol essere da meno di
quella politica, presenzialista nelle trattative internazionali. L’asse sovranista
con Trump rivendicato con orgoglio da Giorgia Meloni che l’ha posta, unica esponente
femminile fra i machi in cravatta o dishdasha di Sharm el-Sheikh,
costituisce per il Belpaese un avamposto più economico che geopolitico. Ma tant’è.
Anche perché gli affari d’ogni genere galoppano dalla Striscia di Gaza a qualunque
altro conflitto che produce profitti sia se proseguirà, sia se s’interromperà.
Armi, sistemi bellici elettronici e cibernetici
di sicurezza che sta per guerra e cemento servono e serviranno. Così nei
bilanci dello scorso anno le nostre aziende leader, Fincantieri e Leonardo,
aumentano fatturati e volano in Borsa (rispettivamente +135% e +83%) sebbene
arricchiscano parecchio i vertici aziendali e molto meno le maestranze, siano
esse figure professionali o esecutive. I dati 2024 di Leonardo riferiscono
come il presidente Stefano Pontecorvo e l’amministratore delegato Roberto Cingolani
(fu ministro dell’Ambiente e della Transizione Ecologica nel governo Draghi) hanno
intascato rispettivamente 490.000 euro e 1 milione 897.000 euro a fronte d’un
guadagno medio per i dipendenti di 55.000 euro. I dati vengono diffusi da un dossier
di BdS Italia (Boicottaggio, Disinvestimento, Sanzioni) curato dall’attivista
Rossana De Simone. Le sessanta pagine sono un rincorrersi informativo a mezzo
stampa ripreso da Agenzie internazionali e mediorientali, quotidiani (Le
Figaro, Corriere della Sera, La Repubblica, Il Giornale, Il Manifesto)
che soprattutto nelle pagine economiche, volenti o nolenti, riportano le “imprese”
delle nostre imprese di punta. I medesimi siti ufficiali di dette aziende riferiscono
notizie su lanci di prodotti, contratti, joint venture, e poi i siti delle
nostre Aeronautica militare, Camera dei Deputati, Senato oltre a quelli scandalizzati
e critici del BdS e dell’Osservatorio dei diritti.

E’ una
meticolosa raccolta di dati e di informazioni assolutamente aggirati dai
tiggì e pure da talune trasmissioni televisive d’approfondimento e inchiesta. Quello
degli armamenti è un settore che l’attuale governo italiano punta a
incrementare in base alla spinta della Nato che ha chiesto al comparto militare
europeo un aumento delle spese del 5% del Pil per ciascun membro, cui è seguito
il ReArmEurope del Consiglio Europeo pronto ad approvare, nel marzo scorso,
un piano di 800 miliardi di euro. Un riarmo sostenuto per il nostro Paese dagli
europarlamentari di Fratelli d’Italia, Forza Italia e dalla metà dei
deputati del Partito Democratico. Non è una novità, la tendenza è nota
da anni ma nessun Esecutivo recede. Anzi solitamente i governi d’ogni colore incentivano
e vantano questo ‘made in Italy’ che ci fa produttori di bombe, mine e
munizioni a Ghedi, in provincia di Brescia, e Domusnovas nell’Inglesiente sardo;
radar, lanciatori, cannoni, antidroni nella Tiburtina valley della capitale. Del
resto l’attuale maggioranza ha scelto come ministro della Difesa un lobbista
delle armi: Guido Crosetto ex presidente della Federazione Aziende Italiane
dell’Aerospazio (Aiad), ex advisor di Leonardo a oltre mezzo
milione di euro di parcella, ex
presidente di Orizzonti Sistemi Navali per molto meno 82.000 euro, tutte
strutture produttrici di armamenti. Competente? forse. Impelagato in conflitti
d’interesse già da parlamentare di FdI di sicuro. Ma lui ha giurato d’aver
tagliato i ponti col passato e minaccia di querelare chiunque insinui il dubbio
sulla trasparenza del suo operato. Questo è l’uomo. Attuale presidente di Aiad
è Giuseppe Cossiga, figlio del noto Capo dello Sato Francesco, esponente di
spicco di Gladio di cui si dichiarava (sic) “piccolo amministratore”.
Coincidenze sulla carriera del rampollo? più che altro eredità politiche. Comunque
i ricavi di questo ‘made in Italy’ vanno a gonfie vele, il quadriennio
industriale fino al 2029 di Leonardo prevede ordini per 118 miliardi di
euro, con oltre 72% di mercato militar-governativo. Mentre l’azionariato è per metà
d’investitori istituzionali in gran parte nord-americani. Vantano poi un 30% il
nostro ministero dell’Economia e un 18.5% gli investimenti individuali.

Quali i “gioielli” di tanta
creatività ipertecnologica? Caccia
Eurofighter, prodotto di partenariato con Regno Unito, Germania e Spagna. Eurodroni,
con Francia, Spagna e Germania. Fregate Freemm, quelle vendute al
presidente al Sisi nel 2020, e poi elicotteri, software radio, sistemi
missilistici da combattimento sempre in collaborazione multipla, la lista
completa è pubblicata sul dossier. Quindi spiccano le nuove joint venture con
chi è diventato un campione internazionale di certa merce, il gruppo turco Baykar,
che vanta LBS Systems, cui l’azienda italiana fornisce la ‘sensoristica’
per la gioia di chi lavora a Ronchi dei Legionari (velivoli senza pilota),
Torino (ingegneria e certificazione), ancora Tiburtina valley (tecnologie
multidominio), Nerviano (soluzioni congiunte), Grottaglie (materiali compositi).
Wow!! per l’Italia che tira il fatturato. Il bello è che il settore strizza l’occhio
a giovani scienziati per implementare lo
sviluppo di simili articoli d’esportazione. Scrive De Simone: “Per attrarre
giovani ricercatori, assicurarsi un flusso continuo di talenti, flessibilità e
rinnovamento di capacità e competenze professionali, l’azienda (Leonardo,
ndr) ha creato una rete d’incubatori di tecnologia, i laboratori chiamati Innovation
Labs. I pilastri interessati sono: Intelligenza Artificiale, Digital Twin,
Quantum Computing, Deep Digital Technologies”. Tutto supportato, ad
esempio, da istituzioni pubbliche come l’Università Federico II, mallevatrice
dell’Aerotech Campus di Pomigliano d’Arco. Brividi sul futuro? Abbastanza,
e non è tutto. Pro Palestina e cittadini che osservano e denunciano il genocidio
bellico sui gazawi perpetrato da Israele (l’altro atto genocidiario è incentrato
su affamamento, malnutrizione, blocco sanitario) apprendono sgomenti i
contributi offerti dal Fondo Europeo per la Difesa a Israeli Aerospace
Industries per rendere più efficienti gli F-35 impiegati contro la
popolazione civile della Striscia e in operazioni di guerra rivolte a Libano, Iran,
Yemen. E pure al Qatar. La nostra Leonardo ha siglato diversi accordi
con l’industria aera israeliana Elbit Systems che prevedono lancio
siluri da un veicolo navale a pilotaggio remoto (Seagull) e da droni
subacquei. E ancora triangolazioni che coinvolgono la tedesca Thyssenkrupp
Marine Systems che fornisce a Tsahal corvette denominate Sa’ar 6 che
montano il cannone navale italico Multi-Feeding. Mano italiana (sempre Leonardo)
pure nel sensore radar mobile applicato al nuovo modulo del decantato Iron
Dom, l’intercettatore di razzi e missili. Insomma una gran lista di
tecnologia della guerra di cui tanti nostri tecnocrati e parlamentari vanno fieri.