martedì 2 agosto 2022

Eliminato Zawahiri, una giustizia maramalda

Ayman al-Zawahiri, il medico della Jihad qaedista, ha chiuso il suo percorso - combattente o terrorista - su un balcone, così dichiara l’agenzia Reuters, d’una zona neppure tanto appartata di Kabul. In quell’area, abitata anche da Signori della guerra e ora da talebani, ha sibilato il missile che l’ha disintegrato, per volere della Central Intelligence Agency.  Disintegrato in solitudine, s’è inizialmente detto: l’uomo era appunto affacciato all’esterno di un’abitazione. Poi è giunta una precisazione: c’è un’altra vittima. E che vittima! Il figlio di Serajuddin Haqqani, ministro dell’Interno dell’Emirato e uomo di punta dell’omonimo clan che influenza non poco l’attuale governo talebano. Se così fosse il clima di reciproche accuse seguite all’agguato: la Casa Bianca che esulta, dice giustizia è fatta (riferendosi all’attacco alle Torri Gemelle di cui Zawahiri sarebbe stato pianificatore) e incolpa i taliban di aver violato l’accordo di Doha ospitando un terrorista. Mentre i turbanti sostengono che gli Stati Uniti hanno violato la legittimità statale e l’accordo stesso che impediva future azioni di guerra o di “sicurezza” americane sul suolo afghano. Se la morte del rampollo Haqqani verrà confermata la famiglia cercherà vendetta, come del resto il regime di Kabul intende questa della Cia, giunta 21 anni dopo l’attentato addebitato al medico egiziano e a 11 anni dalla prima punizione inflitta a Qaeda con l’eliminazione del capo supremo Osama bin Laden.  Sapere da dove sia partito il drone che ha posto fine ai giorni di al-Zawahiri non è un fatto del tutto secondario. Precisa le dinamiche militari del Pentagono e dell’Intelligence statunitense dopo il grande ritiro del 15 agosto 2021. Dalla fine di quel mese Washington dichiara di non avere militari in Afghanistan, però non ha smantellato e abbandonato tutte le basi aeree create dal 2001. Il drone vendicatore sarebbe potuto partire da una di queste oppure dal confine pakistano, visto che già in occasione dell’incursione di Abbottabad quel Paese aveva ospitato, volente o nolente, il commando dei Navy Seal che agì indisturbato nel penetrare nell’edificio dov’era rintanato bin Laden.

 

Le unità speciali lo uccisero, ne trafugarono il cadavere e lo distrussero. L’Occidente applaudì, ma si trattava dell’ennesima operazione fuorilegge, cui nessun premier alleato oppose critiche. Solo l’ex cancelliere tedesco Schmidt parlò di “chiare violazioni delle leggi internazionali”, quelle in base alle quali i nemici degli Usa vengono appunto bollati di terrorismo e gli vien data la caccia. Ovviamente nel corso dell’operazione, tenuta segreta, il governo di Islamabad né i suoi Servizi furono messi al corrente delle intenzioni americane. Ma Washington potè godere di basi d’appoggio, luoghi che risultano sempre disponibili in virtù della consolidata alleanza politico-militare. Far volare da lì un drone verso Kabul risulta più semplice che da basi emiratine, saudite o del Bahrain. In attesa di ulteriori chiarimenti che non concernono solo la cronaca, è bene ricordare come Zawahiri rappresentasse ormai solo un simbolo, cui tenevano più Cia e Casa Bianca che i nuclei operativi di Qaeda. Gli analisti li dipingono piuttosto in disarmo nelle antiche aree, mentre resistono in Africa occidentale e orientale (Mali e Somalia) e in ristrette enclave siriane. Il dottore se non proprio un uomo morto era certamente consunto, lo riferivano più fonti pur non svelando la tipologia del male. Del resto l’attuale Qaeda ha nuovi leader, un nome noto, non giovane è Saif al-Adel, cinquantanovenne ex colonnello egiziano, che nel curriculum vanta ampia esperienza proprio nel settore degli esplosivi. Altro orizzonte rispetto al riservato e colto Zawahiri, proveniente da un ambiente agiato e intellettuale del Cairo, con magistrati e letterati in famiglia. Lui stesso che aveva scelto la via della ‘guerra santa’, portando l’iniziale contributo medico ai mujaheddin afghani che resistevano all’Armata Rossa, scriveva versi. Teorico e organizzatore Zawahiri riuscì a far crescere Qaeda con varie filiali, nel suo Paese, già all’epoca dell’attentato a Sadat, quindi nella Penisola araba, in India, e lì dove in questa fase i ranghi ridotti della struttura militare cercano giovani combattenti: tutta la fascia sub-sahariana.

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