mercoledì 11 giugno 2014

Conflitto kurdo, la pace oltre la bandiera


Il giovinetto mascherato che guizza agile sul pennone, nel piazzale di una delle molte contestate basi militari presenti nella provincia di Diyarbakır, e porta giù con sé lo stendardo con la mezzaluna è lo straniamento intervenuto nella fase che ha inasprito rapporti e colloqui fra governo di Ankara e comunità kurda. La shockante novità viene da una delle istituzioni più ferree del kemalismo passato e dell’islamismo politico d’oggi: le Forze Armate. Gli avieri di guardia a quella caserma e al simulacro della bandiera, anziché impedire con la forza, anche estrema, un gesto “sacrilego” nella logica militare prim’ancora che patria, hanno lasciato fare. Ora di fronte al procuratore che indaga e li accusa sostengono che non potevano usare violenza contro un ragazzo. E’ un’affermazione che spiazza la politica, sia quella fascista di Devlet Bahçeli che dichiara “a quel terrorista bisognava sparare in fronte”, sia del premier che ritiene il gesto offensivo per la nazione, cosa che non può restare impunita per chi l’ha compiuta e per chi l’ha resa possibile. E invece è possibile che oggi dei militari non se la sentano di fare i killer di chi protesta pur clamorosamente, e con coraggio pari alla follìa gli entra in casa e la dissacra.

Nelle caserme di molti parti del mondo un manifestante che s’introduce a strappare il simbolo del luogo sarebbe bloccato, e se non ucciso, messo in condizione di non nuocere. La passività dei giovani turchi in divisa indica qualcos’altro. Messe da parte una presunta viltà, ventilata dal kemalismo irriducibile, o una sorta di collaborazionismo con la protesta kurda, è più facile che lo star fermi esponga un malessere. La non comprensione del proprio ruolo, soprattutto repressivo in territori dove un passato, non attraversato da chi veste oggi l’uniforme ma presente nei lutti ricordati dalla gente, e nei dolori non spenti poiché la morte continua ad agitarsi in uno scontro insensato. Quei soldati su cui potrà pesare la scure della ferrea disciplina di corpo, il giovane profanatore d’una bandiera ch’egli e il suo popolo non riconoscono indicano agli Erdoğan e al Parlamento, agli Öcalan e ai vertici del Pkk di Kandil che si può avere l’audacia di morire e quella di tenersi in vita. E rispettare l’esistenza degli avversari non considerandoli nemici da cancellare con la sventagliata che solo il Lupo grigio Bahçeli continuerebbe a infliggere a chi non la pensa come lui. Che oggi in Turchia la pace convenga a tutti è il monito di ogni stendardo mono o multicolore. Sventolante o ammainato.

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