giovedì 27 febbraio 2014

Presidenziali afghane, la saga dei Karzai


Il fratello del presidente lancia promesse solenni: dice di voler fare dell’Afghanistan il centro economico del Grande Medio Oriente tramite accordi coi paesi vicini. Non solo Turkmenistan e Uzbekistan che però, in base alle riserve del sottosuolo e alla rete delle alleanze che ne deriva, assumono un’aria sostenuta. Ma addirittura verso gli angeli e demoni che lo cingono in un soffocante abbraccio: Iran e Pakistan. Due comunità vivaci e potenti con esplicite mire d’egemonìa regionale che guardano l’establishment di Kabul dall’alto in basso e finora hanno sempre cercato di condizionare con Intelligence, politici locali e denari l’emancipazione dell’attigua nazione. Basterebbe questo per bollare quale velleitario il programma di Qayum Karzai, più vecchio d’un anno del più famoso Hamid. Eppure lui è deciso di giocarsi la partita delle consultazioni d’aprile al pari di pretendenti maggiormente accreditati. Potrà contare sull’appoggio del fratello, che da politico esperto punta anche su altri due nomi (Wardak, Rassoul), ma trova in Qayum il più sicuro esecutore degli interessi di famiglia. Che notoriamente non sono pochi. In fondo l’azzardo di lanciare nella mischia questo congiunto, che s’era prevalentemente occupato di business della ristorazione gestendo locali a Baltimora, è legato all’intento e al bisogno di Hamid di non uscire dai contatti, e dai contratti, mondiali che contano.

Il programma di Qayum, come altri e più di altri, evidenzia l’importanza del tema della sicurezza, su cui l’elegante fratellino s’è guadagnato le critiche degli amici d’Oltreoceano. Per l’assenso sul Bilateral Security Agreement prima promesso a Obama, quindi lasciato in stand-by per la mancanza della sua firma. La mossa gli è servita per aprire un fronte interno a proprio favore: Hamid ha coinvolto sull’argomento la Loya Jirga e ne ha incassato l’approvazione quasi assoluta. In tal modo nei rapporti con gli Stati Uniti è apparso più nazionalista di qualsiasi capo pashtun, tajiko, haraza, lasciando la Casa Bianca in attesa del benestare afghano. Domani qualunque pretendente salirà alla presidenza, apponendo al patto il tanto atteso autografo, potrà ricordare il trepidante stato di sospensione dell’omologo statunitense che deve agire sul doppio binario di ritiro dei marines e mantenimento-ampliamento di basi aeree. Discorso che vale per candidati apertamente anti occidentali come Sayyaf e Sherzai, per  doppiogiochisti come Abdullah oppure per uomini che dei piani statunitensi diverranno garanti indossando cravatte (Wardak) o turbanti (Ghani). Ma Qayum, cioè Hamid, insomma il clan Karzai vantano contatti a tuttotondo, talebani compresi. Tanto per fare concorrenza al signor Sherzai che coi Talib colloquia facilmente. Certo quando Qayum afferma, come ha fatto in un’intervista televisiva, che può far rinunciare ai Taliban l’uso della violenza, forse la spara un po’ grossa. Più probabile è che assieme ad altri abbia ottenuto (o acquistato) dai leader fondamentalisti l’astensione da un’accesa campagna anti elettorale come avvenne nel 2009.

Desiderata che può essere esaudita perché qualche barba entrerà in qualche istituzione, anzi Qayum rammenta che nel piano di pacificazione nazionale quest’ipotesi dev’essere perpetrata seriamente. Nel suo eclettismo para amministrativo Karzai senior esorta tutti i cittadini elettori, gli affaristi, i giovani, gli studenti delle madrase a mostrare rispetto per le leggi e la Costituzione, alla stessa maniera riunisce in uno zibaldone buonista ogni genere di proposta. Quella contro la corruzione è un magnifico messaggio di propaganda. Il vizio del malaffare è contemporaneamente un cancro e un’ossessione della casta politico-affaristica rafforzata da tempo da numerosi Signori della guerra. Per combatterla Qayum propone il duplice percorso di repressione, perseguito da forze dell’ordine e giudici, e coinvolgimento attraverso il lavoro di persone competenti e motivate. Costoro potranno diventare i principali controllori di una macchina statale attualmente depredata. Ai soavi buoni propositi del fratello maggiore si potrebbe obiettare che da oltre un decennio il presidente consanguineo non s’è mai occupato di fare chiarezza sulla sequela di scandali che hanno coinvolto uomini della sua gestione. Per tacere dei mega traffici di eroina che hanno condotto a oscura morte l’altro membro di famiglia: Walid.

Sarebbe un’operazione puramente accademica. Qayum ha già pronto un piano del fare che dà fiducia alle grandi opere estrattive minerarie (terre rare, rame, oro, ferro, più petrolio) da parte di multinazionali estere. Sostiene che finora queste iniziative si sono sviluppate illegalmente e senza una precisa pianificazione, mentre occorrerà dare slancio a chi offre lavoro. Forse dimentica che aziende come la China Metallurgical Group in questi anni portava con sé maestranze dalla madrepatria. 

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