Chiamata ‘guerra di Gaza’ dai servizi, non quelli segreti ma dagli afferenti a una servile informazione mainstream restìa a usare il linguaggio della professione secondo il reale significato, la mattanza dei gazawi della Striscia cumula giorno dopo giorno, da seicentosettantaquattro giorni, cadaveri e dati e affianca alle 62.000 vittime 270 giornalisti. Tutti palestinesi. Tutti ammazzati. Perché tutti in odio al governo Netanyahu e pure a gran parte della gente d’Israele, nonostante i distinguo di locali minoranze d’intellettuali, pacifisti e pure soldati fino ai gradi più elevati. Ma il loro dissenso poco conta, visto che perpetuare la via della morte, per bombe o per fame, è il conforto imposto dalla maggioranza ebraica e lo stato delle cose su cui un mondo, al più gemente, s’è accasciato. Gemente e di fatto impotente o volutamente indolente, che non sono solo assonanze di scrittura bensì tragica scelta geopolitica reiterata nei decenni e negli ultimi ventidue mesi giunta al fosco capolinea di un’asettica disumanità. Anche parole e immagini utili alla denuncia di quanto si riesce a sapere e vedere sull’angosciante condizione di ammassi scheletrici confusi fra terra e sacchi di poca roba giunta dal suolo o dal cielo, che sfama e schiaccia una massa ridotta all’abbrutimento, diventano scioccanti ripetizioni. Eppure il non ripetuto mai abbastanza della violenza che Israele dona all’etnìa nemica, tenuta terrorizzata per il suo presunto o voluto terrorismo, trova sempre più microfoni silenziati, penne e computer affossati assieme ai loro cronisti. Tutti palestinesi. Tutti ammazzati. Anas al-Sharif di Al Jazeera, l’ennesimo colpito, secondo i suoi esecutori che si compiacciono dell’omicidio era una gola profonda di Hamas. “Il modello di Israele di etichettare i giornalisti come militanti senza fornire prove credibili solleva seri interrogativi sul suo intento e sul rispetto della libertà di stampa” ha dichiarato Sara Qudah, direttrice regionale del Comitato per la protezione dei giornalisti. Ah già libertà di stampa, libertà di pasto, libertà di stenti, libertà di vita davanti alla certezza della morte.
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